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									settembre 2014 - Come è noto, per 
									raggiungere la grandezza in qualunque campo 
									di attività fisica o mentale è necessaria la 
									molla dell’ambizione. E questo vale per le 
									persone di tutte le età. In che consista 
									l’ambizione, come si genera e cosa la fa 
									crescere, a volte con tinte diaboliche, 
									continua ad essere oggetto di costante 
									ricerca da parte dei cultori delle scienze 
									sociali. 
									
									
									Sappiamo che la parola deriva dal latino “ambitionem”, 
									che a quei tempi voleva dire più o meno 
									andare a caccia di voti. Sappiamo anche (lo 
									lasciò scritto Svetonio) che Giulio Cesare 
									irruppe in lacrime davanti a una statua di 
									Alessandro Magno nel tempio di Ercole, 
									pensando che all'età in cui il biondo 
									macedone aveva conquistato mezzo mondo, lui 
									era arrivato soltanto a essere un semplice 
									console eletto dal Senato romano (ma rimediò 
									più tardi). 
									
									
									Infine sappiamo che l’ambizione altera in 
									forma continuativa la condizione dell’uomo, 
									non sempre in senso giusto, permettendo una 
									specie di classificazione delle varie 
									categorie di ambiziosi. 
									
									
									C’è una prima categoria che potremmo 
									chiamare dei Creatori: la loro ambizione 
									deriva da una capacità, spesso innata, di 
									innovare, cambiare regole fisse, sfidare 
									tabù. I Creatori hanno in comune l’abilità 
									di rendere obsoleto quello che per secoli 
									era stato un paradigma insormontabile. Non è 
									difficile elencare nomi: Albert Einstein, 
									Sigmund Freud, Alfred Kinsey, Igor 
									Stravinsky, Mahatma Gandhi, Jonas Salk, 
									Martin Luther King, Martha Graham. 
									
									
									Capiti da pochi all’inizio del loro processo 
									di sconvolgimento, passano poi ad essere 
									modelli da imitare e creano nuove correnti 
									di pensiero e di azione. I Creatori sanno 
									porsi domande creative prima di formulare 
									riposte creative: quasi sempre queste 
									domande sono di una tersa semplicità. Che 
									cos’è un aeroporto? Che cos’è una panchina 
									per i giardini pubblici? Che cosa sono 
									un’automobile, una casa, una sedia, una 
									strada? Nell’enfasi tutta occidentale di 
									dare risposte rapide, a volte i Creatori 
									alterano la genetica della loro ambizione, 
									trasformandola nel mostro della superbia. 
									Questo accade quando cadono nelle reti tese 
									dai potentissimi Trasformatori. 
									
									
									Già, i Trasformatori: la loro ambizione 
									nasce dalla perseveranza dell’osservazione e 
									cresce nella misura in cui sanno convertire 
									in senso “mercatologico” idee proprie o 
									spesso generate da altri. Prendono un 
									prodotto, un’idea, una persona, un ritmo e, 
									con l’aiuto di tecniche e tecnologie, creano 
									la necessità di una nuova infrastruttura 
									globale. 
									
									
									Nel giro di settant’anni, ad esempio, i 
									sistemi di comunicazione hanno avuto bisogno 
									di tre infrastrutture completamente nuove: 
									la prima riguarda il passaggio dal telegrafo 
									al telefono (si mandano ancora i 
									telegrammi?); la seconda la transizione 
									dalla radio alla televisione; la terza il 
									rivoluzionario tragitto dal cavo a Internet. 
									
									
									Alla categoria dei Trasformatori 
									appartengono molti imprenditori e fondatori 
									di imprese destinate a raggiungere fama 
									mondiale. Qualcuno dei più recenti? Steve 
									Jobs (Apple), Howard Schultz (Starbucks), 
									Anita Roddick (The Body Shop), Jack Welch (General 
									Electric), Sam Walton (Wal-mart), Silvio 
									Berlusconi (chi si ricorda più di Milano 
									2?). 
									
									
									C'è poi la categoria dei Consolidatori: sono 
									i managers professionali, i produttori 
									artistici, i curatori di musei, i rettori 
									delle università, gli individui che in 
									genere meritano il titolo di “leader”: 
									fondamentalmente sono capaci di scegliere e 
									amalgamare persone di talento per le 
									finalità dell'azienda. La dimensione della 
									loro ambizione è tale che riescono a 
									incorporare nella loro struttura mentale le 
									conoscenze più moderne, forse anche le più 
									ibride e complesse, per convertirle in 
									strategie precise. 
									
									
									Questo processo spesso avviene convergendo 
									la tecnologia dell’informazione e della 
									comunicazione, il tutto con la finalità di 
									occupare posizioni di rilievo nel mercato. 
									Spesso il maggior difetto dei Consolidatori 
									non è l’ambizione in sé, ma piuttosto la 
									creazione di una cultura egocentrica che non 
									permette di guardare (o ascoltare) il 
									mercato: ecco allora che gli appartenenti a 
									questa categoria perdono quegli impulsi 
									creativi che, in fin dei conti, hanno 
									determinato la loro stessa esistenza 
									professionale. 
									
									
									Tuttavia l'indiscutibile capacità dei 
									Consolidatori è quella di aprire nuove 
									strade di ricerca, di creare distruggendo o, 
									per lo meno, di accorciare sensibilmente il 
									ciclo di vita della loro stessa creatura per 
									sostituirla con un'altra. Ma migliorata in 
									qualità o efficienza. 
									
									
									Ambizione e progresso, nel mondo delle 
									imprese, sono intimamente collegati. A volte 
									il binomio degenera (Parmalat, Enron, 
									imprese contaminanti), ma essenzialmente gli 
									appartenenti alle tre categorie menzionate 
									generano opportunità, conducono a scoperte 
									formidabili e spalancano le porte per 
									arrivare a nuove interpretazioni di tutto 
									quanto è ancora sconosciuto. Il che non è 
									poco in un mondo nel quale più che l’azione 
									sembra contare la parola o la promessa. 
									  
									
									(giulio chiesa / 
									
									puntodincontro.mx 
									/ adattamento e traduzione in spagnolo di massimo barzizza 
									/ immagine: atelier quici da) 
									  
									
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