21 gennaio 2014 -
È un campo
piccolo e veloce, con le pareti. Ma non il
soffitto. E per una serie di strane ragioni
il Padel è uno sport che sta crescendo con
cura e attenzione, protetto come una cosa
preziosa e che, promettono, diventerà grande.
In Argentina e in Spagna lo è già. I
campioni del mondo nascono lì e hanno storie
bellissime da raccontare. Sono stati loro a
storpiarne il nome. Da
paddle, pagaia, a
Padel, che non è nulla.
Come le invenzioni, anche il Padel nasce da
un errore di valutazione. Negli anni
Settanta in Messico, un cittadino della
buona società decise di sfruttare lo spazio
disponibile nella sua residenza per
costruire un campo da tennis. Ma
sopravvalutò lo spazio senza considerare i
confini del rettangolo troppo vicini ad
alcune strutture in muratura.
Testardo, lo
fece costuire lo stesso e invece di cambiare
casa cambiò le regole del gioco. Lasciò che
la palla non potesse più uscire dal campo,
fece in modo che restasse in perenne
movimento. «Il
Padel non è un tennis in miniatura, è
un'altra cosa. È un gioco dove la palla non
muore mai», spiega
Sebastiano Sorisio, maestro professionista e
fondatore della Rpa (Roma Padel Academy).
Uno dei primi a credere che questo sport
sarebbe cresciuto, percependone le
potenzialità attraverso un'analisi che va
oltre la parola “moda”,
e supera la definizione di
“fenomeno”.
«Noi abbiamo
bisogno di spazi aperti. Per questo qui lo
squash non ha funzionato. Il Padel è
arrivato nel 2008 e io l'ho avvicinato
lentamente. Quando lo stesso anno un socio
del Circolo Tennis Le Molette di Roma fece
costruire un campo per farci giocare la
moglie spagnola, noi maestri, tra cui il
proprietario Isidoro Spanò, lo guardavamo
con diffidenza. Ma la prima volta che ho
giocato non la dimenticherò mai. Il suono
della racchetta che ha toccato la palla. La
precisione, le possibilità, la potenza. Non
è tennis, è un'altra cosa. Del tennis ha
l'eleganza ma una diversa velocità»,
continua, con una passione che
giustificherebbe l'onda d'urto di uno sport
in espansione. A Roma sta prendendo piede
grazie a persone come lui.
«Il campo è una
gabbia e un combattimento. La solitudine che
caratterizza il tennis qui è schiacciata dai
suoni. Dal rimbombo della palla sulle pareti
o dalla vicinanza con il tuo compagno di
doppio. Non ci sono pause, lo stato mentale
è quasi di trance».
«La gente ha
bisogno di staccare, di imparare le regole
della difesa, di sfogarsi. Insegnando
osservo le reazioni delle persone. Durante
un incontro le vedo dare tutto, tirare fuori
tutto, lasciare che l'istinto ritrovi un
posto definito. In questo sport si può
riconoscere la potenzialità dell'attacco
quando si finisce all'angolo e a quel punto,
dare il meglio. Inoltre il Padel si impara
facilmente. Non c'è bisogno di saper giocare
a tennis». È un
gioco che tira fuori istinti antichi,
l'orgoglio di dover vincere anche con le
spalle al muro. Elegante. Libero. Seducente.
«Un mese di
allenamento consente miglioramenti che nel
tennis si farebbero in un anno»,
spiega Sorisio. Raccontando una storia che
nasce in grandi terre bruciate dal sole.
Il viaggio del Padel partito in una villa
messicana è stato rapido. Dall'America
Latina all'Europa, in Spagna, dove ha
ottenuto subito risonanza e visibilità. In
un hotel di Marbella, il principe Hohanlohe
copiò infatti il suo amico e fece costruire
un campo con le stesse caratteristiche
murate. Gli ospiti iniziarono a imparare le
nuove regole e innamorati portarono il Padel
fuori dall'albergo a diffondersi. In
Argentina i giocatori sono ormai qualche
milione, ma questo sport si sta diffondendo
anche in Francia, Brasile e negli Stati
Uniti. In Italia la Federazione Italiana
Gioco Paddle (F.I.G.P.) è nata nel 1991. Dal
2008 è sport riconosciuto dal C.O.N.I., che
ha inserito il Settore Paddle nell'ambito
della Federazione Italiana Tennis.
Roma sta diventando un centro importante,
sempre più circoli iniziano a investire
nelle strutture. «È
un investimento sicuro per chi c'è dietro.
Ora viviamo la fiamma ma dietro c'è un lungo
periodo di combustione. L'Italia è
considerata un paese di ottimo livello. Non
siamo come i sudamericani ma neanche troppo
lontani. In fondo abbiamo caratteristiche
simili», continua
Sorisio, che partecipa ai campionati
mondiali ed è uno dei primi dieci giocatori
in Italia, anche se ora è più interessato a
diffonderne le basi. «Sono
un ottimo giocatore, non il migliore. Lo
stesso, la sensazione che ho mentre gioco è
quella di essere fortissimo, l'impatto sulla
palla presa al centro, saperla controllare
con l'aiuto delle pareti, trovarsi al punto
giusto è eccitante. Si gioca in doppio ma
nel Padel i due ruoli sono molto distinti.
Il destro è un regolarista, l'altro deve
concludere il punto che il suo compagno ha
preparato, i colpi devono essere leciti, non
esiste scorrettezza ma rimbalzi, ombre,
direzioni. Quando gioco un incontro di
tennis non vedo l'ora che finisca. Quando
gioco a Padel non vedo l'ora di cominciare».
Nel mondo ci sono 6,5 milioni di giocatori.
È un dato che ripete. «Ma
i numeri non servono a spiegarlo, bisogna
provare», conclude
Sorisio che ha fondato un'accademia usando
il nome latinoamericano, Padel, la Rpa.
«Perché non si
confonda con il paddle tennis. E perché il
mio maestro è argentino, Horacio Alvarez
Clementi. Lui è l'essenza del Padel, un guru
4 volte campione del mondo, allenatore
nazionale e dei top ten professionisti. Ha
circa 50 anni ed è un esempio di modi e
stile nell'eseguire e spiegare i colpi».
Il Padel è uno sport nato dall'assenza di
spazio. Negli Stati Uniti dopo il Texas dove
esistono 3 centri, e la Florida, 2 centri,
la California ha inaugurato a settembre il
primo campo di Padel. A Los Angeles,
all'interno del South End Raquet Club, un
circolo dove si praticano altri sport di
racchetta tra i quali il 'paddle tennis',
una via di mezzo tra tennis e Padel. La
federazione (United States Padel
Association, USPA) esiste già e il sito
ufficiale californiano è già visibile. Ora
si aspetta la consacrazione a New York.
Ma è proprio in Italia, a Bologna e
soprattutto a Roma, che il Padel si sta
formando più velocemente. A Roma si può
giocare al circolo Due Ponti (un campo), Le
Molette (un campo), Circolo Canottieri Roma
(un campo), Circolo Aniene (un campo), il
Paddleur (un campo), il Paddle Tennis Club e
Flaminia Paddle Center (due campi). Durante
gli Internazionali di Tennis c'è anche il
campo dimostrativo al Foro Italico, dove si
gioca anche un torneo internazionale di
Padel. Ma in Italia è possibile giocare a
Udine, Trento, Vicenza, Milano, Novara,
Bologna, Ravenna, Rimini, Pescara, Chieti,
Bari, Brindisi, Taranto, Caltanissetta e
Cagliari, e alcune di queste città sono già
inserite nel Circuito nazionale.
Le regole sono di base quelle del tennis. La
racchetta è una “pagaia”
solida e forata per essere più leggera,
lunga non più di 45,50 centimetri, mentre le
palle, secondo la consistenza e le
dimensioni approvate dalla FIGP, sono le
stesse del tennis. Gioco di doppio, ha un
punteggio uguale a quello del tennis. Le due
metà campo sono divise da una rete. Il
giocatore che serve è in posizione
diagonalmente opposta all'area di battuta
dell'avversario e deve far rimbalzare la
palla sul pavimento prima di colpirla. La
palla non può toccare al volo le pareti del
campo avversario, la maglia metallica, né
può rimbalzare due volte sul pavimento. I
giocatori possono respingerla di
“volèe”
e hanno anche la possibilità di colpire le
pareti del proprio campo e far sì che questa
dopo passi sopra della rete verso il campo
avversario.
Il campo non supera i 20 metri di lunghezza
e i 10 di larghezza. Diviso da una rete, ha
in ognuno dei lati di fondo una parete a
forma di 'U', creata da un frontone
posteriore e da due mezzi muri laterali e di
cristallo o di altro materiale trasparente
che consenta la visione di gioco e permetta
che la palla rimbalzi in maniera regolare e
uniforme. Un telo o una maglia metallica
chiudono i lati scoperti per racchiudere il
campo completamente. Almeno in uno dei
laterali ci sono due porte o aperture, di 2
metri di altezza e 90 centimetri di
larghezza. Il pavimento è di cemento, di
materiale sintetico o altro, secondo le
norme accettate dalla Commissione Tecnica
Federale.
Lo praticano ovunque, da tennisti come
Gabriela Sabatini, Conchita Martinez,
Aranxta Sanchez Vicario, da Guillermo Vilas
a José Luis Clerc, Manolo Santana, Paolo
Canè, Omar Camporese, e altri. Da Maradona a
Batistuta. Ma anche Placido Domingo, José
Maria Aznar, George Bush, Tom Jones, Julio
Iglesias o il Principe Alberto.
«Perché nel Padel
non ci sono distinzioni —conclude
Sorisio— In campo
sono tutti uguali, due contro due. Con la
stessa voglia, non di sopravvivere, ma di
vincere la partita».
(katia
riccardi / repubblica.it / puntodincontro.mx
/ adattamento di
massimo barzizza e traduzione in
spagnolo di
celeste román)
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