10
settembre 2014 - «Finisce un’epoca
—esordisce Luca Montezemolo, presidente
uscente della Ferrari durante la conferenza
stampa di addio—. Si apre un nuovo ciclo che
mi auguro più importante ancora». Ricordi,
ringraziamenti, rimpianti («pochi, ma li
tengo per me»), anche un filo di commozione.
Sono 23 anni di storia che cominciano in un
periodo di crisi tecnologica e sportiva e si
concludono in un momento quasi altrettanto
difficile dal punto di vista dei risultati
sportivi. Ma in mezzo c’è la serie vincente
più lunga nella storia della F1: otto titoli
dei costruttori (di cui sei consecutivi),
sei Mondiali piloti (cinque di fila con
l’icona Michael Schumacher al volante) prima
del lento declino. Il 2010 e il 2012, due
campionati persi all’ultima gara, avrebbero
potuto rallentare la discesa, non
arrestarla.
La Ferrari comincia a perdere quando vengono
limitati i test e la competizione si gioca
sulle gallerie del vento e i sistemi di
simulazione. Poi il crollo del 2014,
culminato nel ritiro di Alonso proprio nel
Gran premio di Monza dopo quattro anni e 86
gare senza un solo guasto. «Abbiamo
trascurato l’importanza e le difficoltà di
questo nuovo sistema di motore che non è
tradizionale», ammette Montezemolo. Turbo e
ibrido, le due parole chiave. «La Mercedes
ci ha messo più risorse, dovremo farlo anche
noi», hanno concordato vecchio e nuovo
presidente.
Prima della conferenza stampa, Marchionne è
stato per un’ora nell’ufficio di Marco
Mattiacci, capo della gestione sportiva
Ferrari da aprile, parlando di rinforzi e di
investimenti. Mattiacci ha esposto il suo
piano a medio-lungo termine per riportare la
Ferrari ai vertici della Formula 1, il
neopresidente gli ha chiesto di accelerare i
tempi. «Metteremo tutte le risorse
necessarie per tornare a vincere —promette
Marchionne— e non ho il minimo dubbio che
ci riusciremo».
(lastampa.it /
puntodincontro.mx
/ adattamento e traduzione in spagnolo di massimo barzizza)
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