30 maggio
2012 - Il terremoto scuote di nuovo e per tre volte in un
giorno con un livello superiore al quinto grado della scala Richter
il cuore della Pianura padana. Erano trascorsi solo nove giorni dal
primo sisma (5,9). È normale o c'è qualcosa di anomalo? «Occorre
aggiornare la mappa del rischio sismico», sostiene il ministro
dell'ambiente Corrado Clini. «Probabilmente è vero», aggiunge
Stefano Gresta, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e
vulcanologia (Ingv).
«Ma in
particolare - aggiunge - è necessario aggiornare il modo di leggere
le mappe. Non basta considerare un valore di bassa pericolosità per
una zona. Ciò che bisogna fare per comprendere meglio il problema è
combinare assieme due carte oggi impiegate. Una esprime la
probabilità dove si può manifestare un sisma in base ai dati
statistici del passato, dalla quale emergono i valori di pericolo
considerati dagli ingegneri per costruire; la seconda carta registra
i picchi di massima intensità. Dalla loro unione potranno emergere
indicazioni utili e più ricche rispetto a oggi».
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Ma
nella valutazione dei pericoli a cui sono esposte le aree della
Penisola in alcuni casi c'è la limitatezza dei dati che rende
difficile le indagini. «Nella Pianura padana ripetutamente colpita
dal sisma - prosegue il presidente dell'Ingv - mancano informazioni
adeguate sulla deformazione del suolo. Per stabilire con certezza se
la sequenza dei picchi di una certa intensità, emersa negli ultimi
mesi con una certa frequenza, esprima un fenomeno anomalo oppure se
rientri in un naturale processo sarebbero necessari dati più precisi.
Nella regione soltanto dal Duemila si sta puntualmente rilevando la
situazione con continuità e ora abbiamo anche intensificato gli
strumenti; ma l'arco di tempo disponibile agli studiosi è ancora
troppo ristretto per suggerire indicazioni utili. Occorrono molti
più anni per costruire delle statistiche appropriate».
Oggi la
valutazione espressa dai geofisici dell'Ingv tende a vedere l'evento
di ieri come espressione della norma. «Nessuna sorpresa - nota
Warner Marzocchi -. Che si potesse verificare un altro terremoto
intorno a sei gradi di magnitudo era stato detto sin dal primo
giorno. Rientrava nelle probabilità possibili». «E non si può
escludere che altri se ne possano manifestare nei prossimi giorni o
settimane - aggiunge Antonio Piersanti -. Sono terremoti a grappolo,
come li chiamiamo. Il primo evento genera delle perturbazioni nel
sottosuolo da cui nascono altri movimenti tellurici la cui
periodicità non è né prevedibile né sempre uguale». Quello che
accade nelle profondità non è, purtroppo, facilmente comprensibile e
non è detto che le nuove scosse siano sempre inferiori alla prima. «Ci
possono essere delle repliche anche più forti - precisa Alessandro
Amato - e potrei farle un lungo elenco. Ad esempio nel terremoto del
Friuli nel 1976 dopo la prima scossa di maggio ne è seguita un'altra
in settembre; nel 1984 in Val Comino nel Parco Nazionale d'Abruzzo i
due sismi del 7 e dell'11 maggio erano connessi, di nuovo nel 1997
in Umbria e Marche abbiamo il terremoto di Colfiorito, come è
rimasto noto, con la basilica di Assisi gravemente colpita.
La
causa che li scatena è sempre la stessa, cioè la compressione
esercitata verso nord dalla placca africana sulla placca
euroasiatica. Questa genera un'area ad alto rischio nel Sud, Sicilia
in particolare, e il pericolo sale poi lungo tutta la Penisola come
i movimenti degli Appennini ci ricordano spesso per il loro scontro
con le Alpi. La placca africana, frammentata, si insinua anche nella
zona dell'Adriatico aumentando il pericolo nel Settentrione
orientale. Il terremoto del Friuli ad essa era infatti legato.
La
Pianura padana, dunque, è il lembo più settentrionale della placca
africana e di conseguenza non può essere immune da questi fenomeni
anche se statisticamente meno intensi. La zona interessata dal
terremoto del 20 maggio è arrivata a sollevarsi di ben 15 centimetri
come hanno scoperto i satelliti CosmoSkymed dell'Agenzia spaziale
italiana Asi. La pianura inoltre, essendo stata formata da sedimenti
marini, amplifica gli effetti di un sisma. Resta aperta, a questo
punto, la domanda posta del presidente dell'Ingv Stefano Gresta: c'è
qualcosa di anomalo nei fatti dell'ultimo anno?
(giovanni caprara / corriere.it / puntodincontro)
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30 de mayo de 2012 - El terremoto
sacude nuevamente el corazón del valle del Po tres veces en un solo
día y con un nivel superior al quinto grado en la escala de Richter.
Habían pasado sólo nueve días del primer terremoto (5,9). ¿Es normal
o hay algo extraño? «Tenemos que actualizar el mapa de riesgo
sísmico», dice el ministro del Medio Ambiente Corrado Clini. «Es
probablemente cierto», añade Stefano Gresta, presidente del
Instituto Nacional de Geofísica y Vulcanología (INGV).
«Pero sobre todo - añade - es
necesario actualizar la forma de leer los mapas. No es suficiente
considerar un valor de bajo riesgo para una zona. Lo que se debe
hacer para comprender mejor el problema es combinar los dos mapas
utilizados en la actualidad. Uno expresa la probabilidad de un
terremoto, según las estadísticas del pasado, de donde se desprenden
los valores de riesgo considerados por los ingenieros para la
construcción. El segundo mapa registra los picos de intensidad
máxima. De su unión podrán surgir indicadores útiles y más completos
con respecto a los que tenemos hoy».
Pero en la evaluación de los riesgos
a que están expuestas las áreas de la Península, en algunos casos la
escasez de datos complica las investigaciones. «En el valle del Po,
en repetidas ocasiones afectado por terremotos —continúa el
presidente del INGV— falta información adecuada sobre la deformación
del suelo. Para determinar con certeza si la secuencia de los picos
de una cierta intensidad, surgida en los últimos meses con cierta
frecuencia, expresa un fenómeno anormal o si forma parte de un
proceso natural, se requieren datos más precisos. En la región sólo
a partir del año 2000 se están registrando datos de forma continua y
aunque hemos aumentado la cantidad de instrumentos, las series de
tiempo disponibles para los investigadores son todavía demasiado
limitadas como para sugerir pautas útiles. La construcción de
estadísticas apropiadas lleva muchos años».
Hoy en día la evaluación realizada por los geofísicos del INGV
tiende a considerar el evento de ayer como una expresión de la
norma. «No es una sorpresa —subraya Warner Marzocchi—. El que
pudiese ocurrir otro terremoto en torno a los seis grados había sido
previsto desde el primer día. Caía en el rango de las
probabilidades».«Y no es inconcebible que pueda haber otros en los
próximos días o semanas» —añade Antonio Piersanti—. «Se trata de
"grupos de temblores" ("terremoti a grappolo" en italiano), como los
llamamos».
«El primer evento genera
perturbaciones en el subsuelo que a su vez generan otros temblores
cuya frecuencia no es ni predecible ni siempre igual».
«Lo que ocurre en la profundidad
no es, por desgracia, es fácilmente comprensible y tampoco es
posible inferir que las replicas van a ser menos fuertes que el
sismo que las generó».
(giovanni caprara / corriere.it / puntodincontro) |