17
gennaio
2016
- L'origine della pasta ripiena risale
probabilmente all’epoca medievale e i piatti
di questa famiglia occupano un posto
importante nella tradizione gastronomica
italiana. Presumibilmente, la base comune di
tutte le preparazioni di questo tipo era
l’utilizzo degli avanzi, di quello che si
aveva in casa e che veniva prodotto nel
territorio circostante, motivo per cui le
ricette sono numerosissime e variano anche
di famiglia in famiglia.
Tra le paste ripiene, i ravioli offrono
probabilmente l'evoluzione più completa:
“(g)nudi” alla nascita (fatti cioè solo con
il solo ripieno), nel tempo hanno guadagnato
un vestito di pasta fresca, così come
conosciuti ai nostri giorni.
L’ipotesi più verosimile sul nome “raviolo”
sembra essere quella che fa derivare il
termine da “ravi(ggiu)olo” o “raveggiolo”,
un caratteristico formaggio fresco a pasta
bianca tipico dell'Appennino
tosco-romagnolo, ottenuto dalla cagliatura
di latte vaccino crudo o, più raramente, di
latte ovicaprino.
Era questo uno degli ingredienti più spesso
usati nelle antiche preparazioni del piatto,
avvalorando proprio l’ipotesi che, con il
termine raviolo, in origine s’identificasse
esclusivamente il ripieno e solo con il
tempo lo stesso termine sia passato ad
indicare sia il guscio di pasta, sia il
ripieno.
Il raviolo è, comunque, mutevole anche nel
nome, e viene chiamato agnolotto o
agnellotto (di forma piccola) in Piemonte e
nel Pavese, anolino nel Piacentino e nel
Parmense, marubino nel Cremonese e nella
pianura nord-orientale piacentina, tortello
in Emilia e Lombardia, pansoti o pansotti in
Liguria, tordello o turdelo nella Toscana
nord occidentale e nell'estremo Levante
ligure, tortello in quasi tutta la Toscana,
cappellaccio nel Ferrarese. In alcune aree
del meridione vengono chiamati “maccaruni
chini”.
Molte città rivendicano la paternità del
raviolo e sono poche le notizie certe
riguardo alla sua nascita e alla cultura che
gli ha dato i natali, dato che quadrati di
pasta contenenti un ripieno sono diffusi in
diversi Paesi del mondo, come la Germania,
la Cina, il Giappone e la Thailandia.
Tuttavia, uno dei primi documenti storici a
tal riguardo è dell’umanista milanese
Ortensio Lando (1510-1558), che nella sua
opera del 1548 “Catalogo dell'inventori
delle cose che si mangiano, delle bevande
ch'oggidi s'usano”, racconta: «Libista,
contadina lombarda da Cernuschio, fu
l'inventrice di far raffioli avviluppati
nella pasta, dispogliati detti da lombardi
mal fatti».
Si tratta di una citazione che probabilmente
incrocia narrazioni dell’epoca e tradizioni
della campagna lombarda e che ci indica un
possibile legame di questa pasta ripiena con
il territorio della Martesana e il paese di
Cernusco sul Naviglio, a circa 16 km a
nord-est di Milano.
Diversi scritti italiani e internazionali —
dedicati alla cucina del Belpaese e alla sua
storia — hanno ripreso la citazione di Lando
e, per gli appassionati del tema, Libista è
ormai diventata uno dei simboli dell’Italia
delle ricette.
Ravioli burro e salvia
Ingredienti per 4 persone
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60-80 ravioli
ripiendi di carne, formaggio o verdura
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90 g di burro
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8-10 foglie di salvia
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Parmigiano
grattugiato
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Preparazione
In una padella sciogliere il burro e farvi
rosolare qualche minuto le foglie di salvia.
Lessare i ravioli in abbondante acqua
salata, scolarli con la schiumarola
trasferendoli nella padella del condimento a
fuoco acceso per farli saltare qualche
minuto girando di frequente.
Servire immediatamente cospargendo
Parmigiano Reggiano grattugiato.
(massimo barzizza
/ puntodincontro.mx)
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