Teenager star dell'evoluzione
Il successo umano è merito loro

In "Adolescenti. Una storia naturale", Bainbridge spiega perché i grandi
si dovrebbero inchinare di fronte agli under 20: sono la vetta più alta della specie.

20 febbraio 2010. - Essere adolescenti non è un crudele scherzo della natura, ma piuttosto il "momento più alto della nostra specie". Quella fase in cui ci si ricopre di peli, si è scontrosi e duri verso il mondo, ci si perde nei meandri dell'introspezione e si soffre la prima volta per amore (tanto per dirne qualcuna) dovrebbe essere vista come un periodo in cui possiamo avere il meglio di due mondi: "l'incantevole meraviglia di un bambino e la rassicurante indipendenza di un adulto". Ne è convinto David Bainbridge, docente di Anatomia clinica veterinaria all'Università di Cambridge e autore di un libro dedicato alle creature più meravigliose - e fastidiose - del pianeta: Adolescenti. Una storia naturale, edito in Italia da Einaudi Stile Libero con la traduzione di Giuliana Lupi.

Con una buona dose di humour e in un mix scoppiettante di biologia, paleontologia, neuroscienze, fisiologia, psicologia, psicoterapia e politica, Bainbridge si rivolge sia agli under 20 che ai loro genitori per convincerli che l'adolescenza è ciò che ha decretato il successo degli uomini sulla Terra e rappresenta perciò la "vetta autentica" della nostra esistenza. Un picco che può far male, certo, ma che ci regala le emozioni più forti di una vita e ci insegna, piano piano, il duro gioco di diventare grandi.

Il top della specie. Per quanto possa sembrare strano, per Bainbridge gli adolescenti sono "la caratteristica essenziale della razza umana su cui si fonda il nostro successo". In natura non esistono altre specie in cui la prole è così dipendente per vent'anni: la cosa  -  sostiene l'autore  -  non può essere casuale. Sebbene non sia possibile stabilire con precisione l'avvento del primo teenager, gli scienziati concordano nel ritenere che la sua comparsa abbia preceduto di poco l'aumento finale delle dimensioni del nostro cervello e corrisponda dunque alla transizione dall' Homo erectus al sapiens. La chiave di tutto, neanche a dirlo, è "la gelatina gialla nella nostra testa", il cui volume in quel periodo passa "da due a tre arance". E quella gelatina - spiega  Bainbridge - ci mette due decenni a maturare completamente: "un cervello che cresce lentamente è il prezzo che abbiamo pagato per essere così maledettamente in gamba".

Una questione di cervello. Dal punto di vista neurofisiologico, il fatto che essere un teenager non sia un gioco da ragazzi è cosa assodata: gli adolescenti, infatti, sono coloro che hanno più materia grigia di tutti. Dopo i sei anni, il cervello continua a crescere molto lentamente, per poi acquistare un ultimo 5 per cento all'inizio dell'adolescenza. Le dimensioni raggiungono il massimo intorno ai 12 anni nelle ragazze e ai 14 nei ragazzi (la ben nota maturità femminile), dopo di che inizia un graduale restringimento che va avanti per tutta l'età adulta. Durante gli anni dell'adolescenza si verifica un processo denominato pruning, vale a dire "potatura", in cui vengono eliminate le connessioni nervose in eccesso. In parole molto semplici, si può dire che il cervello del teenager è un "cantiere" in cui "si pota la materia grigia e si riveste di mielina la materia bianca": una riorganizzazione neuronale imponente e faticosa, che mostra come l'adolescente non sia semplicemente "un animale in preda ai suoi ormoni", ma piuttosto un coraggioso pioniere del genere umano.

L'età delle trasformazioni. Il suggerimento di  Bainbridge ai grandi è di essere più comprensivi e rispettosi verso gli adolescenti: d'altronde tutti ci siamo passati, e dovremmo ricordare, almeno vagamente, cosa significa. Crescere è un'esperienza difficile, caotica, talvolta dolorosa, ma in ogni caso eccitante. E' un momento in cui il corpo si trasforma, la mente si affolla di pensieri, entrano in scena il sesso, gli altri e il mondo esterno. Come sintetizza l'autore, "tra i dieci e i vent'anni possono succedere per la prima volta molte cose, alcune positive, altre no, altre ancora una via di mezzo". Ecco un assaggio in ordine alfabetico: "l'acne, i rapporti con gli adulti, l'alcol, l'autocontrollo, crescere, la depressione, le droghe, l'empatia, i grandi esami, il fumo, imparare a guidare, l'indipendenza dai genitori, il lavoro, la masturbazione, gli odori corporei, l'orgasmo, l'allarmante comparsa di nuovi peli, la pornografia, la pubertà, le responsabilità, il sesso, le tette".

Il vortice delle emozioni. Gli adolescenti cambiano così in fretta che la loro vita può diventare un "precario esercizio di equilibrio", cosa che li rende intrinsecamente instabili dinanzi alle droghe, ai rapporti interpersonali e al sesso. E' il momento in cui "il mondo intero ci si spalanca con nuove opportunità sociali e intellettuali eppure, al tempo stesso, si richiude su di noi". Fa la sua comparsa la propensione umana all'autoanalisi: "Nella mente del teenager  -  scrive l'autore  -  c'è il pensiero occasionale, la preoccupazione frequente o il panico costante di non essere abbastanza in gamba". Tutto questo non può che avere un effetto dirompente sul comportamento di un giovane essere umano che si trovi a dover sperimentare chi diventare e cosa fare della propria vita. L'incertezza è tra temerarietà e pigrizia, eccitazione e tristezza, sovraesposizione sociale e isolamento, "farlo o non farlo", provare o non provare. Sul piano scientifico tutte queste pulsioni sono regolate da meccanismi biologici e neurologici ben precisi: il rischio di farsi del male  -  ammette Bainbridge  -  c'è, ma se la natura ci ha esposto a una sfida così grande un motivo ci sarà. Vorrà dire che il teenager, tipicamente goffo, scontroso, acuto, arrapato, triste, depresso, esaltato, antipatico, sensibile e miope che sia, non è poi così male.

Se gli adulti "rosicano". Secondo Bainbridge, tra i compiti del teenager c'è anche quello di "salvare gli adulti dall'inutilità". Un aspetto che spesso ai grandi non piace affatto: "Mi chiedo quanta della nostra irritazione nei loro confronti derivi dal fatto innegabile che sappiamo che un giorno o l'altro ci soppianteranno. Ben presto saranno loro gli adulti che stabiliscono codici, etica e leggi, e noi saremo messi da parte". Forse il segreto è pescare nella memoria e riderci un po' su. "Ciò che ricordo degli anni adolescenziali  -  scrive Bainbridge  -  è essermi sdraiato sulla riga bianca in mezzo alla strada, aver ascoltato Led Zeppelin III per la prima volta e aver visto sorgere il sole di giugno in mutande in mezzo a un campo". Esercizi mentali di questo tipo, suggerisce lo zoologo nonché padre di una bimba, possono essere utili non solo per capire meglio l'esemplare "teenager" e avere fiducia in lui, ma anche per farsi affascinare dalle contraddizioni che, alla fine, rendono così uniche le nostre vite.

 

(repubblica.it)

Share