Ötzi, la mummia del Similaun

Di Claudio Bosio.

Et puis, mourir n’est rien
C’est achever de naître!

E poi, morire cos’é?
È finire di nascere!

 

Cyrano de Bergerac, La mort d’Agrippine

 

Una ricostruzione del possibile aspetto dell'Uomo del Similaun.

10 agosto 2010. - Non c’è dubbio che l’imbattersi in una mummia ([1]) a 3000 metri di quota possa considerarsi un avvenimento inverosimile, un evento immaginato dalla fervida fantasia di uno scrittore di fantascienza.

Ma, certe volte, la realtà sopravanza la finzione.

Tutto ebbe inizio il 18 Settembre 1991, quando Erika ed Helmut Simon, due escursionisti di Norimberga, in vacanza in Alto Adige, programmarono una "scarpinata" sino alla vetta del Similaun (3.599 metri), sulle Ötztaler Alpen, al confine fra Italia e Austria. Impiegarono più tempo del previsto per compiere l’ascesa e raggiunsero quindi la cima solo a pomeriggio inoltrato. Era ormai troppo tardi per scendere a valle: meglio pernottare in alta quota, nel vicino Rifugio Similaun. Il giorno seguente, vista la giornata splendida, i nostri due decisero di effettuare un’ultima scalata (la Punta di Finale, di 3.506 metri), e poi di recuperare i bagagli, lasciati al Rifugio Similaun.

Sulla via del rientro dall’ascensione, per accorciare il percorso, decisero di prendere una scorciatoia, abbandonando il sentiero indicato nelle mappe della zona. Fu così che, giunti nei pressi del ghiacciaio Hauslabjoch (a quota 3.210 metri), mentre costeggiavano una conca piena di acqua di fusione, (acqua che deriva dallo scioglimento del ghiaccio) notarono sul fondo il corpo inanimato di un uomo: giaceva supino,a faccia in giù, semisommerso dalla neve, con il torace riverso su una lastra di pietra. Sul momento poterono fare ben poco: memorizzarono la località del ritrovamento, scattarono una fotografia (l’ultima del rullino) e scesero quindi al Rifugio dove avvertirono il gestore dello strano rinvenimento.

Al "Similaun", la notizia non destò più di tanto stupore: era ben noto a tutti che i ghiacciai restituiscono sempre le proprie vittime, anche dopo decine di anni. Qualcuno attribuiva il corpo appena rinvenuto ad un musicista emiliano scomparso in zona negli anni '30, qualcun altro lo dava per un mercenario dell'armata di Federico IV (1403-1439) conte del Tirolo, detto "dalle tasche vuote", ma c'era anche chi si diceva sicuro che fossero i resti di un soldato della Ia guerra mondiale.

Comunque, visto il palese … disinteresse delle autorità italiane, fu la Gendarmeria austriaca ad occuparsi del recupero della salma. «Ötzi» (questo il nomignolo coniato da un giornalista per "l’uomo del Similaun", in base alla località del ritrovamento, cioè la Valle di Ötz = Ötz-tal) fu così portato presso l’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Innsbruck, dove venne sottoposto ad una lunga e minuziosa serie di analisi radiologiche, eco-tomografiche e chimiche. Ben presto comunque l’importanza archeologica della scoperta fu eclatante e, pertanto, il prof. Spindler, direttore dell’Istituto di Preistoria e Protostoria della stessa Università, organizzò altre analisi integrative, affidate a geologi, glaciologi, paleontologi, bio-chimici, biologi ecc.

Innanzi tutto fu palese che Ötzi era una «mummia umida», perché le cellule del suo corpo contenevano ancora dell’umidità. In effetti, in particolari condizioni, dei corpi immersi in paludi o sepolti in terreni umidi, possono subire un processo naturale di conservazione denominato "saponificazione", che preserva la salma dagli attacchi dei microrganismi. In pratica, nel cadavere, si verifica l’idrolisi  (perdita d’acqua) rapida dei trigligeridi (che si trovano nel tessuto adiposo sottocutaneo) producendo grandi quantità di saponi ed acidi grassi. Queste sostanze vengono a costituire una specie di rivestimento esterno del cadavere e costituiscono una barriera per i batteri, evitando la putrefazione dei tessuti. Le analisi al radiocarbonio([2]) fecero risalire la morte dell’uomo del ghiacciaio ad un periodo compreso fra il 3350 ed il 3100 a.C., periodo noto come Età del Rame o Calcolitico, o, ancora, Eneolitico, epoca di transizione tra il Neolitico e l'età del Bronzo. È caratterizzata dall'apparizione dei primi oggetti in rame (in greco kalkós) in un contesto in cui la lavorazione della pietra (in greco lithos) resta essenziale. Sappiamo dalla paleo-etnologia che, in quest’epoca,  in America si coltivava già il mais, in Asia il riso, ed in Mesopotamia, ad Uruk, (la biblica Erech), era stato eretto il Tempio Bianco, dedicato ad Anu, un edificio innalzato su una piattaforma di 15 m, cui si accedeva tramite una scalinata. La valle del Nilo era ancora organizzata in due regni: Basso (zona del Delta) e Alto Egitto. Più vicino a noi, in Valcamonica, era il boom dell’incisione rupestre (scene di vita quotidiana). «L’identikit di Ötzi», desunto dagli studi della sua mummia non si discosta dai dati somatici seguenti.

Genere: Homo sapiens sapiens

Sesso: L’uomo del Similaun era effettivamente …. un uomo: i suoi organi genitali, ben conservati, risultano, fuor di ogni dubbio, maschili.

Età: Dai 30 ai 40 anni. È stata desunta dallo stato di abrasione dei denti, mentre l’analisi delle suture craniche suggerirono un’età di poco inferiore, cioè compresa fra i 25 e i 30 anni: lo scarto si spiegherebbe col fatto che i denti di un uomo del tardo neolitico sono particolarmente erosi, in quanto abituati a mordere carni affumicate, indurite e coriacee.

Corporatura: Il peso di Ötzi "vivo" doveva essere di circa 50 kg: i resti mummificati pesavano 15 kg; la pelle era glabra, di un colore bruno scuro e somigliante, per consistenza, alla pelle conciata. Anche gli organi interni e i muscoli dimostravano un buono stato di conservazione. Al momento del decesso, era alto circa 160 centimetri. aveva gli occhi azzurri e i capelli bruni e lunghi che portava sciolti sulle spalle. Un campione del suo femore ci ha rivelato, inoltre, che doveva essere uno dei membri più anziani del suo villaggio. La struttura delle nostre ossa, infatti, cambia secondo l'età, mostrando segni di usura differenti: le ossa di Ötzi dicono che aveva 46 anni, un'età davvero "veneranda" per tempi in cui l’aspettativa di vita media era 30-35 anni. Portava (effettivamente!) scarpe numero 38.

Stato generale: Ötzi aveva qualche … acciacchetto. Le articolazioni mostrano segni di usura, i suoi vasi sanguigni erano calcificati e i denti consumati. L’alta quantità di arsenico nei capelli attesta la frequente partecipazione alla lavorazione di minerali di rame. L'intestino poi era infestato da tricocefali: nei casi più gravi questi parassiti possono provocare attacchi di dissenteria e forti dolori. Si è anche potuto dimostrare che aveva subito una frattura multipla delle costole, peraltro perfettamente saldata, e una rottura del setto nasale.

Ötzi soffriva di tricocefalosi (Trichuris trichiura); i botanici hanno trovato uova di questo parassita nel suo intestino. Le analisi delle tracce di metalli rinvenuti nei capelli hanno rilevato un contenuto di piombo decisamente minore rispetto a quello dell’uomo moderno, mentre il contenuto di arsenico è molto più alto, segno che Ötzi potrebbe aver partecipato occasionalmente a processi di lavorazione di metalli o all’estrazione di rame. L’esame dell’unghia ha rivelato che l’Uomo venuto dal ghiaccio soffriva di una malattia cronica, non ancora identificata. Tre "linee di Beau" sull’unghia indicano tre diversi momenti di stress che ne hanno colpito il sistema immunitario circa 8, 13 e 16 settimane prima della morte. L’ultimo attacco è stato il più pesante.

Viso: Grazie alla TAC, si è potuto fare una ricostruzione tridimensionale del suo cranio e del volto assai prossima all’originale. Nel 1993, l’americano John Gurche, insieme a un collega del Museum of Natural History di Denver, hanno effettuato la ricostruzione del viso di Ötzi.

DNA: Il Dna mitocondriale di Ötzi, analizzato da un gruppo internazionale di ricercatori guidato da Franco Rollo dell’università di Camerino, ha mostrato la presenza di sequenze di basi nucleotidiche associate a ridotta fertilità. In un articolo comparso su Current Biology, lo stesso Dna mitocondriale è risultato appartenere a un gruppo genetico non più presente o estremamente raro tra gli uomini di oggi, prima dimostrazione scientifica di un processo di deriva genetica a carico della nostra specie che si è completato in un periodo relativamente breve.

Segni caratteristici: Un "segno particolare" erano gli incisivi superiori molto distanziati tra loro. Ma, la caratteristica più saliente è che Ötzi si può considerare come il primo essere umano tatuato di cui si abbia conoscenza: ha sul suo corpo ben 57 tatuaggi. La tecnica utilizzata nel calcolitico appare diversa da quella moderna.

Non venivano usati aghi, ma erano invece praticate delle piccole incisioni della pelle, poi ricoperte con carbone vegetale per ottenere l'immagine. I tatuaggi consistono in semplici punti, linee e crocette: si trovano in corrispondenza della parte bassa della colonna vertebrale, dietro il ginocchio sinistro e sulla caviglia destra. Siccome esami radiologici hanno individuato forme di artrite proprio in quei punti, si pensa che tali immagini avessero funzione di tipo medico o cultuale (al fine di alleviare i dolori). I tatuaggi servivano a recidere piccoli fasci di fibre nervose, e questo comportava un'attenuazione del dolore: erano quindi una terapia antidolorifica e non un semplice ornamento. Evidentemente nell’Età del Rame la conoscenza del corpo umano era tutt’altro che "primitiva".

Status sociale: Per determinare lo status sociale di Ötzi, l’ascia di rame che egli aveva con sé svolge un ruolo determinante. Nell'età del rame ascia e pugnale di questo metallo erano degli status symbol e indicavano il rango di capi e guerrieri, come testimoniano anche le statue-stele maschili di quel periodo. È probabile che l’Uomo venuto dal ghiaccio e la sua famiglia avessero dunque una posizione di rilievo all’interno della comunità: si può ipotizzare che Ötzi fosse un proprietario di greggi, un capo o una persona influente nel villaggio. Le armi che aveva con sé, ovvero arco e frecce, spesso portano ad  evidenziare l’aspetto della caccia.

Questo tipo di armi, però, possono essere usate in molti modi, incluso il difendersi da minacce umane. Anche un frammento di rete fa pensare ad attività di caccia, perché la si poteva usare per la cattura di uccelli o per cacciare le lepri. Con i suoi strumenti di selce e corno di cervo, inoltre, Ötzi avrebbe potuto sventrare e lavorare le prede abbattute. Basandosi sull’equipaggiamento, l’Uomo venuto dal ghiaccio è stato identificato come un pastore o un transumante. La transumanza era un compito di grande responsabilità e strettamente legato all’economia della comunità stanziale. Oltre alla custodia delle greggi questa attività prevedeva la caccia, l’approvvigionamento di cibo e la riparazione del vestiario e dell’equipaggiamento danneggiati.

E in effetti l’abbigliamento e l’equipaggiamento di Ötzi possono essere compatibili con tutte queste attività. Contro la possibile identificazione dell’Uomo venuto dal ghiaccio come pastore transumante c’è il fatto che né sugli abiti né sul luogo del ritrovamento sono attestate tracce di pecore, capre o cani, mentre come pastore Ötzi avrebbe sicuramente avuto dei contatti con questi animali affidati a lui. Poco dopo il ritrovamento della mummia è corsa la voce che l’Uomo venuto dal ghiaccio fosse un reietto della società o un fuggiasco. In effetti, le informazioni più recenti sulle cause della sua morte e le ferite alle mani e al capo gettano una nuova luce sulla teoria della fuga.

Risulta che poco prima di morire l’Uomo venuto dal ghiaccio è stato coinvolto in una lotta, che potrebbe averlo indotto a fuggire in alta montagna. Ötzi è stato quasi raggiunto dai suoi aggressori e colpito con una freccia; pare che con le ultime forze abbia seminato i suoi inseguitori e raggiunto la conca rocciosa dove, però, è morto per le conseguenze dell’attacco.

Cause della morte: Non è stata una caduta, e neppure il freddo, a uccidere Ötzi: morì per le conseguenze di una ferita causata da una freccia, ma l’arma del delitto non fu trovata fino al 2001, quando divenne visibile grazie ai nuovi esami radiografici. Secondo la ricostruzione del professor Egarter Vigl la freccia, scoccata alle sue spalle da una trentina di metri di distanza, gli trapassò la scapola sinistra, producendo un foro di 2 cm, senza trafiggere il polmone. La ferita causò comunque un'emorragia piuttosto massiccia e probabilmente anche la paralisi del braccio sinistro. Doveva essere inoltre assai dolorosa, ma non lo uccise immediatamente.

Molto probabilmente Ötzi sopravvisse ancora qualche ora: i segni di forti emorragie interne fanno pensare che si sia trattato di ore estremamente dolorose. IL perché venne ucciso, come spesso accade, è un mistero. Quel che si può dire è che Ötzi stava fuggendo. Lo si deduce dall'attrezzatura che aveva con sé, ancora incompleta: prima di partire aveva cercato di costruirsi in fretta e furia un arco e qualche freccia. La profonda ferita da taglio alla mano destra lascia supporre, inoltre, che abbia avuto una colluttazione poco prima di morire. Ma il motivo che spinse il suo assalitore a colpirlo alle spalle resta avvolto nel buio. Era in corso una guerra tra tribù? Un conflitto personale? O forse stava accudendo un gregge che qualcuno voleva rubargli? Certo è che nulla fu sottratto all’attrezzatura che aveva con sé, nemmeno la preziosissima ascia di rame.

Oggetti personali: Al momento della sua morte, l’uomo del Similaun, aveva con sé un arco di ebano, alcune frecce, due bisacce di pelle e una sacca legata alla cintola che conteneva vari oggetti, tra i quali l’occorrente per il cucito, un coltello con lama di pietra e un’ascia di rame. Indossava un abito di pelliccia, un mantello, delle scarpe di fibre vegetali e un copricapo di pelliccia.

Alimentazione: Dall’analisi del contenuto intestinale sappiamo cosa aveva mangiato 12 ore prima di morire: funghi, mele selvatiche, frutti di prugnolo spinoso, bacche e legumi, oltre a carne di stambecco e cervo (cotta direttamente sul fuoco) una purea o pane di farro e verdure imprecisate. Nel suo intestino sono stati ritrovati anche dei piccolissimi frammenti di carbone, segno che aveva cotto  il cibo, come già accennato, direttamente sul fuoco. In effetti i residui di cibo con cui Ötzi si era alimentato non ci hanno riservato sorprese.

Sappiamo, ad esempio, che i cereali erano un alimento base nella dieta dell’epoca, che veniva completata con vegetali come il prugnolo, le mele selvatiche, i funghi, le bacche e i legumi. Diversi oggetti ritrovati presso la mummia, come tendini, pelli, corna e ossa testimoniano anche di attività di caccia e d'allevamento di bestiame.

Lunghe, dettagliate, complesse e sofisticate sono state le indagini sulla mummia e le più recenti hanno permesso di ricostruire, con una precisione scientifica impressionante, il citato menu dei due ultimi pasti di questo nostro antenato, portando un’ ulteriore conferma dell’alimentazione carnivorana della nostra specie. Ötzi aveva iniziato il suo viaggio da territori bassi della pianura o di fondovalle alpini, dove aveva fatto provvista di cereali. Non sappiamo verso quale meta fosse diretto, con quale scopo e neppure dove si fosse procurata la carne di cervo e di capriolo, anche se l’attrezzatura di cui era equipaggiato fa supporre fosse il frutto di una caccia, fortunata ma anche, forse, infausta.

Dalle tracce trovate (soprattutto i pollini) sappiamo che a quote relativamente basse aveva attraversato una foresta di pini, dove si era fermato a mangiare. Poi si era spostato più in alto, oltre i tremila metri, dove aveva mangiato di nuovo. La dieta di Ötzi è coerente con quella dell’uomo paleolitico e neolitico, soprattutto della nostra specie di Cro Magnon. Una dieta ricca di carne (da mezzo ad un chilogrammo al giorno), accompagnata da qualche etto di vegetali selvatici o di primitive coltivazioni, ricchi di fibra alimentare. Per certo Ötzi aveva un linguaggio evoluto, ma non sappiamo quale, anche se recentemente sono state rintracciate le radici di alcune parole che molto probabilmente usava.

Tra queste parole vi è la radice della parola che identificava il cervo rosso, la cui carne fu forse causa della sua sventura. La stessa radice serviva anche per designare i territori dove la grande selvaggina rossa, cervi e caprioli, erano abbondanti. Con ogni probabilità, la radice delle parole usate da Ötzi era bre (plurale bront). Questo termine ancor oggi serve per identificare la (b)renna e la carne salata di ruminante (bresaola da bre-sal) e soprattutto è ancora presente in molti toponimi alpini dove i cervi erano e stanno ritornando abbondanti: Brennero, Bressanone, Brenta, Brentonico e giù giù fino a Brescia per arrivare a Brindisi (città della cerva). Molto probabilmente Ötzi, in territori ricchi di cervi e che ancora oggi ne conservano traccia con i citati toponimi, inseguiva il cervo con il grido bre! bre! (bront! bront! se gli animali erano molti) e con lo stesso termine bre, a caccia terminata, attorno al fuoco raccontava ai compagni ed alle donne le sue imprese di caccia.

E ancora usando i termini di bre e bront indicava i territori di caccia ricchi di cervi e forse d’altra selvaggina di grande taglia, dal pelame e dalla carne rossa. Ötzi non era un gastronomo quale oggi s’intende, ma come sciamano poteva anche divenirlo. Comunque, ancor oggi, un buon piatto di carne di cervo o di capriolo (capra selvatica) accompagnato da cereali (knödel o canederli) è un pasto d’alto valore gastronomico. Un componente importante della sua dieta erano due cereali, l’orzo e una antichissima specie di frumento nota come grano monococco, entrambi macinati (lo si deduce dalla presenza nel colon di frammenti di pietre usate per macinare) e probabilmente trasformati in pane.

Carne, pane e verdure. Questo era stato, secondo l' analisi dello stomaco, il pasto di Ötzi poco prima di morire. Per archeologi e ricercatori, un dato di interesse prettamente storico. Per Armin Gamper, presidente dell' associazione turistica della Val Senales e proprietario dell'albergo Aquila nera, una ghiotta notizia da trasformare in attrazione turistica. Cinque anni fa, assistito da un' equipe di storici dell' alimentazione, Armin preparava il primo «menu di Ötzi».

Così, proprio come il suo primitivo antenato, Gamper ha cominciato a raccogliere tutti gli ingredienti «antichi» ancora disponibili in montagna: insalate fresche, erbe aromatiche, bacche, frutti di bosco e fiori (come quelli di sambuco con cui viene preparata una bevanda particolare). La preparazione dei piatti, poi, procede come una volta. Persino il grano, necessario per preparare il pane, viene macinato con mole di pietra. Le pietanze sono servite in stoviglie di argilla modellate appositamente, proprio per ricreare la stessa atmosfera della tavola di Ötzi e i turisti sono rimasti conquistati perché ordinando un menù primitivo non solo si ha l' opportunità di mangiare in modo sano e genuino, ma si fa anche un salto indietro nel tempo di oltre 5000 anni. La storia, insomma, si impara anche a tavola.

Per concludere, alcune curiosità: come già era successo per il ritrovamento della mummia di Tutankhamon, alcuni hanno voluto vedere una maledizione legata a Ötzi. Lo spunto per quest'idea venne da una sequela di disgrazie che ha colpito alcune delle persone che hanno avuto a che fare con l’Uomo del Similaun. Lo scopritore della mummia, l’alpinista tedesco, Helmut Simon, morì nel 2004 a causa della caduta accidentale in una scarpata durante un'escursione sulle Alpi salisburghesi; lo seguironono nel destino fatale Rainer Holzl, operatore della televisione austriaca; Kurt Fritz, alpinista che aiutò a trasferire la mummia a Bolzano e Gunther Henn, medico legale che aveva studiato per primo il ritrovamento. Ed ancora Konrad Spindler, l'archeologo tedesco che per primo studiò Ötzi e che ne descrisse la storia in un famoso libro (morì nel 2005 per una forma aggressiva di sclerosi).

In questa lista nera è incluso anche Tom Loy, l'archeologo molecolare ed anatomo-patologo statunitense che per primo ne studiò il DNA, morto, nel 2005, nella sua casa di Brisbane (Australia) in circostanze non del tutto chiarite - forse per un incidente domestico.

Infine, una curiosità … hollywoodiana: il noto divo Brad Pitt si è fatto tatuare, sull'avambraccio, i contorni della mummia di Ötzi.

Mah, è proprio il caso di ribadirlo: de gustibus non disputandum est!

 

([1]Mummia deriva dal termine del latino medievale «mumia», una corruzione della parola araba "mumiya "che significa «bitume», a sua volta derivata dal persiano "mum", «cera» . La mummificazione è un processo, naturale o artificiale, in cui un cadavere subisce una disidratazione massiva così veloce, che i tessuti rimangono come "fissati". Servono particolari condizioni esterne e interne per ottenere questo processo. 

([2]) Il carbonio ordinario è composto da atomi nel nucleo dei quali trovano posto sei protoni e sei neutroni; per questo motivo viene detto carbonio-12. Esiste, però, un altro tipo di carbonio composto da atomi nel nucleo dei quali convivono sei protoni e otto neutroni; questo tipo di carbonio (isotopo) è chiamato carbonio-14. Il C-14, molto più raro rispetto al C-12, si forma nell’atmosfera a causa della collisione fra i raggi cosmici e gli atomi di azoto ed è un elemento radioattivo e quindi instabile; tende cioè a "decadere" secondo una legge ben precisa e a ritrasformarsi in azoto con un periodo di dimezzamento (l’intervallo di tempo necessario affinché una certa quantità di C-14 si riduca della metà) pari a 5568 anni. Dal punto di vista chimico il C-14 è indistinguibile dal C-12 e quindi viene metabolizzato dagli esseri viventi; quando l’organismo muore il C-14 continua a decadere ma non viene più rimpiazzato. Pertanto, misurando la quantità di C-14 residua in un reperto organico, è possibile risalire con precisione all’epoca della morte.

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