Ecco i veleni che abbiamo in corpo

L'esperimento sul "National Geographic": caccia alle sostanze chimiche
E l'Europa si appresta a decidere se mettere al bando gli agenti più pericolosi.

 

ROMA, 26 settembre 2006. - Permettono di ricostruire la mappa dei ricordi remoti e delle abitudini presenti, ma immergersi in questo flusso di memoria porta a scoperte poco piacevoli. Sono i veleni immagazzinati nel nostro corpo, accumulati in milioni di piccoli atti dall'apparenza innocua, a costituire un archivio del nostro passato che proietta un'ombra preoccupante sul futuro: quale prezzo pagheremo per il contatto troppo ravvicinato con la nuvola chimica che ci avvolge?

Se lo è chiesto David Ewing Duncan, il giornalista che, facendosi prelevare 14 fiale di sangue per un campionario completo di analisi, ha fatto da cavia volontaria, pubblicando il risultato del viaggio all'interno di se stesso sul numero del National Geographic che uscirà sabato. Un percorso che lo ha portato a rintracciare il primo momento di contaminazione nell'assunzione, attraverso la placenta e il cordone ombelicale, di una parte della zavorra chimica contenuta nel corpo della madre. Altre molecole indesiderate, come i pesticidi, sono arrivate attraverso il latte materno. E anche il momento dei primi giochi si è rivelato a rischio: il David bambino, alla fine degli Sessanta, ingannava l'afa estiva con i suoi amici su un campetto vicino a casa, nel Kansas. Questo campetto era però una discarica che in seguito sarebbe stata inserita nell'elenco dei siti considerati pericolosi dall'Epa, l'Agenzia per l'ambiente degli Stati Uniti.

Nemmeno l'ingresso nell'età adulta, e nell'era di una coscienza ecologica diffusa, è servito a evitare il bombardamento di molecole indesiderate. La delicatezza del profumo di lavanda del suo shampoo era inquinata dalla presenza degli ftalati che fanno parte dei cosiddetti pops, le sostanze organiche e persistenti che possono causare perdita della fertilità e caduta del numero degli spermatozoi, danni al sistema riproduttivo, possibile cancro dei testicoli, delle ovaie o del seno. E un bel pranzetto a base di pesce poteva nascondere un involontario pieno di mercurio, un metallo pesante da cui è bene tenersi alla larga.

Più difficile invece identificare il cavallo di Troia attraverso cui sono passati i ritardanti di fiamma, sostanze che all'esterno del nostro corpo svolgono un utile lavoro di prevenzione, ma all'interno si trasformano in minaccia. I ritardanti di fiamma sono nascosti nei tappeti, nella plastica attorno ai televisori, nei materassi, nelle automobili, negli aerei. Introdotte una trentina di anni fa, queste sostanze hanno prodotto uno spray sottilissimo che è arrivato a contaminare i luoghi più lontani e inaccessibili: hanno sconvolto il ciclo vitale degli orsi polari e quello delle orche del Pacifico.

Ma cosa si può fare per ridurre il rischio chimico senza rinunciare ai vantaggi e alle sicurezze che la tecnologia offre? "Bisogna intervenire con rapidità perché per l'86 per cento dei 2.500 agenti chimici utilizzati in grande quantità non abbiamo sufficienti informazioni sugli effetti sanitari", risponde Maria Grazia Midulla, responsabile della campagna del Wwf. "Tra pochi giorni la Commissione Ambiente del Parlamento europeo avrà la possibilità di farlo: si dovrà pronunciare sull'obbligo di sostituzione delle sostanze più pericolose nei casi in cui già esistono dei sostituti, un passaggio della direttiva Reach sulla regolamentazione dei prodotti chimici. Sarà quella l'occasione per fare un passo in direzione di una sicurezza senza sacrifici".

 

Da Repubblica.it