L'Italia vista dall'estero
Mortificata dalle recenti vicende italiane l’opera dei nostri connazionali.
Di Goffredo Palmerini*.

25 gennaio 2008. - Bisognerebbe stare nei panni dei nostri connazionali all’estero per capire quanta rabbia e delusione hanno provocato le vicende italiane degli ultimi giorni. E soprattutto quanta mortificazione per l’immagine del nostro Paese, degradata agli occhi della comunità internazionale molto più impietosa di certe sbrigative pratiche assolutorie di casa nostra.

L’altra Italia, quella che vive nei cinque continenti, si è invece conquistata stima e rispettabilità in virtù di testimonianze di vita, di lavoro e di impegno civile esemplari. Dunque avverte con amarezza e sconcerto la vanificazione dei propri sacrifici. Superano il tempo d’un secolo gli sforzi duri e spesso dolorosi dei nostri emigrati per risolvere i bisogni del proprio destino personale, ma anche per affrancare l’Italia da un giudizio all’estero a volte trito ed ingiusto.

Quante umiliazioni e quali sofferenze morali i nostri connazionali hanno dovuto subire prima d’avere tempo e possibilità di far conoscere di che pasta fossero fatti, di quale orgoglio nazionale e di quale talento essi fossero dotati. C’era sempre una parte d’opinione pubblica, nei Paesi d’emigrazione, che continuava a giudicare “Italietta” il nostro Paese, stentando ad assegnare all’Italia il ruolo politico ed economico che pure le competeva per i grandi passi avanti fatti nel secondo dopoguerra, fino a diventare la sesta nazione industriale del mondo.

Ebbene, se certi pregiudizi all’estero man mano cadevano, gran parte del merito lo si doveva non solo alle crescita della nostra economia, ai risultati nei settori in cui l’Italia è all’avanguardia, alle altre valenze del Paese, quanto  proprio alle positive testimonianze civili e sociali che i nostri emigrati hanno impartito all’estero, dimostrando con l’ingegno, la capacità d’iniziativa, il rigore e la serietà dei comportamenti, contro ogni pregiudizio, l’esistenza d’una Italia davvero diversa.

Un’Italia che attraverso i suoi figli all’estero, in sistemi di grande competizione, è riuscita quindi a progredire, a guadagnarsi il rispetto ed a primeggiare, specie nei Paesi più avanzati. Essendo, gli Italiani, più seri affidabili e rigorosi dovunque all’estero, in primis in quei Paesi evoluti che vantavano democrazie più antiche e solide della nostra, riuscendo ad illustrare in quelle società l’indole italiana e contribuendo così a cambiare in meglio il concetto e l’immagine dell’Italia.

Questa premessa ora non sembri fuori misura. Piuttosto la si compari con l’immagine deprimente che alcuni recenti fatti in Italia hanno determinato sull’opinione pubblica mondiale, di cui parla la stampa internazionale, fino a riattizzare quegli antichi pregiudizi che sembravano in buona parte risolti. A cominciare dal disastro dei rifiuti in Campania, dove la capacità di governo d’un Paese moderno e civile ha invece mostrato il peggio dell’insipienza, del degrado e dell’inadeguatezza del suo sistema politico ed amministrativo. In che modo spiegare a chi all’estero fa domande come di fronte a tale scempio, dovuto a problemi lasciati trascinare per anni, nessuno oggi paghi il conto.

Insomma in Campania, come pure altrove, non esiste un’etica delle responsabilità. Nella circostanza, meno male che il Governo s’è mosso con determinazione, con misure eccezionali rispetto all’emergenza. Ma il danno d’immagine era ormai devastante. E che dire del comportamento del Presidente della Regione Sicilia! Appena incassata una condanna a cinque anni di reclusione per reati gravi, specie per un rappresentante d’una istituzione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici, è apparso quasi soddisfatto perché assolto dal capo d’imputazione di favoreggiamento alla mafia.

E per questa stessa ragione egli sentendosi in condizioni di poter continuare a ricoprire il suo ruolo, non essendo sentenza passata in giudicato. Non lo ha sfiorato non dico l’obbligo morale – ovvio, in un Paese normale –  ma almeno l’opportunità di fare un passo indietro, proprio a salvaguardia della credibilità dell’istituzione. Come potrà districarsi l’italiano in Australia,  in Canada o in Germania e così via, con le domande pertinenti per “capire” l’Italia che in quei Paesi gli verranno rivolte? Stendiamo un velo di pietà sulla vicenda che ha indotto il Papa nella rinuncia ad intervenire all’Università La Sapienza di Roma, per le proteste d’uno sparuto gruppo di docenti e studenti.

Figurarsi poi il caso d’un Ministro della Giustizia che, pur dimettendosi a seguito d’indagini e misure giudiziarie riguardanti familiari e sodali di partito, in Parlamento si lancia in un’invettiva contro il sistema giudiziario - beninteso quello di cui egli fino a quel momento detiene la responsabilità – a suo giudizio reo di perseguitare con le Procure,  per fini men che oggettivi, politici di rango e l’intera classe dirigente del suo partito in Campania. Non gli balena neanche per un momento, pur nella comprensibile amarezza, che il suo dovere di uomo di governo e Guardasigilli gli imponga il rispetto e la tutela dell’autonomia della Magistratura, anche di fronte ad errori, reali o presunti, che solo il procedimento sarà in grado di chiarire e risolvere, in istruttoria e con ben tre gradi di giudizio.

E d’altronde, quanti danni alla credibilità dell’ordinamento avevano inferto negli anni scorsi le dichiarazioni contro la Magistratura d’un Presidente del Consiglio che in ogni modo, persino con leggi ad personam, cercava di risolvere le sue vicende giudiziarie. Sembra d’assistere ad un impazzimento del sistema. Ancor più con l’uscita dalla maggioranza del partito del già Ministro della Giustizia il quale, sulle sue gravi ed inopportune dichiarazioni in Parlamento, pretendeva solidarietà e consenso totale dagli alleati. Con l’uscita dalla maggioranza l’Udeur ha aperto una crisi in un momento molto delicato per il Paese, quando riforme e scelte sociali importanti erano sul tappeto ed un risanamento economico davvero significativo era in atto, cui l’Europa guardava con interesse.

Ora incombe il rischio di elezioni anticipate, con tutte le conseguenze del caso. Contrariamente alla prassi, nel rispetto della Costituzione di cui in questi giorni si celebrano i sessant’anni, Prodi ha portato la crisi in Parlamento, unica sede deputata a discuterne, chiedendo la verifica della fiducia al Governo. Così ciascuno deve assumere pubblicamente le sue responsabilità. Viene da riflettere che dovrà pur concludersi la convulsa transizione della nostra democrazia. Ma occorre una responsabilità, un senso delle istituzioni ed un sistema di regole condivise che solo un miracolo, nell’attuale congiuntura, sarà in grado d’assicurare. Perché da anni la politica italiana è nana, manca di grande respiro, e dove c’è la tendenza, data l’estrema frantumazione del quadro politico, a pensare più all’interesse della propria parte che al bene comune, con le dovute eccezioni e distinzioni che ciascuno è in grado di fare.

Dove ognuno si sente statista – con quale abissale diversità rispetto ai padri della Repubblica - con una visione che bada al presente e poco al futuro, spesso distante dai cittadini e lontana dal senso comune. Sarà dunque capace l’Italia e la sua classe politica di cambiare radicalmente, d’essere all’altezza dei suoi compiti? Passa da queste parti la credibilità delle Istituzioni, la maturità della nostra democrazia e l’affidabilità del suo funzionamento. Al popolo italiano spettano grandi responsabilità, specie nella selezione della classe dirigente, se una buona legge elettorale glielo consentirà. Ma ora è il Parlamento che non può sfuggire alle sue, per le quali è stato eletto dagli Italiani. Contro ogni evidenza, bisogna essere fiduciosi che finalmente il nostro sistema democratico ed istituzionale sarà capace di correggersi. E tuttavia farebbe bene la classe politica italiana a tener conto di ciò che pensa anche l’altra Italia, i nostri connazionali all’estero. Troverebbe molti spunti per emendarsi.

 

* gopalmer@hotmail.com - componente del Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo