Luisa Spagnoli,
una imprenditrice
... al bacio

la mamma dei famosissimi cioccolatini della perugina.
Di Claudio Bosio per la serie "Donne d'Italia".
Seconda parte.


 

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Leggi la prima parte

17 agosto 2011. - Luisa, nata a Perugia nel 1877, era figlia, come si dice, di assai rustica progenie: suo padre, Pasquale Sargentini, era un pescivendolo e sua madre, Maria Conti, una casalinga semianalfabeta. Sembrava destinata anche lei a una vita anonima, tutta dedita a marito, casa e figli.

Probabilmente con queste prospettive, nel 1898, quando aveva quasi 21 anni, si sposò con un giovane di Assisi, Annibale Spagnoli: una visita dei due sposi ad una fiera di paese, dove videro una macchina per fabbricare confetti, fu all’origine dell’avventura imprenditoriale di Luisa, avventura che dura ancor oggi, a più di 100 anni di distanza. La coppia rilevò, infatti, una drogheria in centro a Perugia iniziando a produrre confetti, su scala prettamente artigianale. L’iniziativa ebbe ben presto successo: valeva la pena di rinvigorirla con un sostanzioso aumento di capitale. Bisognava quindi cercare dei soci. E Luisa li trovò, nelle persone di Francesco Buitoni (1859-1938) Leone Ascoli e Francesco Andreani [2].

Fu così che, il 30 novembre 1907, il laboratorio artigianale dei coniugi Spagnoli, diventò la "Società Perugina per la Fabbricazione dei Confetti", con un capitale di 100.000 lire (circa 335.000 €2010). Dal 1910 le vicende della Perugina e la vita di Luisa si intrecciarono con la presenza in Azienda di un giovane dotato di vero talento imprenditoriale, il diciottenne Giovanni Buitoni 1891-1979, cui il padre Francesco affidò le mansioni sino a quel momento da lui espletate nell’ambito della giovane ditta dolciaria. In effetti bisognava intervenire per rilanciare l’iniziativa: le 100.000 lire di capitale iniziale erano andate perdute e a questa prima perdita se ne era aggiunta una ulteriore di 200.000 lire. Il giovane Buitoni, applicandosi con un impegno fuori dal comune (nel 1972 in un volume autobiografico ricorderà che all'epoca lavorava circa 16 ore al giorno e 5 ore anche la domenica), riuscì a risanare molto rapidamente una situazione frutto di disorganizzazione (prezzi di vendita e costi di produzione non determinati razionalmente) e di impropria presunzione (costosi tentativi di sbocco nel ricco, ma lontano, mercato del nord d’Italia, invece di privilegiare l’area commerciale più vicina, meno redditizia ma più sicura).

Gli accorgimenti messi a punto dal giovane Giovanni permisero alla Perugina di ritornare in attivo e di distribuire un primo utile nel giro di pochissimo tempo. Intanto era scoppiata la prima guerra mondiale e Luisa si trovò a gestire l’Azienda praticamente da sola, rivelando, per altro, grandi doti manageriali e … dolciarie.

Infatti, se, da un lato, sotto la sua direzione, i dipendenti dell’Azienda passarono da 15 a 100, dall’altro (si era ormai nel 1922) grazie proprio a Lei, si verificò quella creazione geniale che avrebbe reso il nome del capoluogo umbro celebre in tutto il mondo: il "Bacio". Si dice che questo dolciume dalla forma strana sia nato dall'idea di Luisa di impastare con altro cioccolato i frammenti di nocciola residui della lavorazione dei "normali" cioccolatini. Ne venne fuori un "qualcosa" che ricordava un pugno chiuso, dove la nocca più sporgente era rappresentata da una nocciola intera. Per questo venne chiamato "Cazzotto". Con questo nome senz’altro … originale, il cioccolatino (di sapore assai gradevole) riscosse immediatamente un successo clamoroso.

Tuttavia, quel nome, così stravagante, non garbava proprio al giovane Buitoni. Bisognava trovare un nome più dolce e certamente più consono alle occasioni del suo utilizzo. Fu così che il "Cazzotto" si trasformò in "Bacio". «Come avrebbe potuto un cliente, entrare in un negozio e chiedere, magari ad una graziosa venditrice: “Per favore, un cazzotto?”. Tolsi il cartello dal vassoio e ne misi uno nuovo: “Baci Perugina”. ..I giovani si rivolgevano alla venditrice “signorina, mi dà un bacio?” E la signorina.. “Eccole un Bacio”… accompagnandolo con uno sguardo birichino». La metamorfosi del "Cazzotto" fu veramente rivoluzionaria e il "Bacio", oggi più che mai, si porta dietro tutta una serie di slogan legati a gesti e a momenti d’amore. È il simbolo per eccellenza di un pensiero affettuoso.

Il "look" del "Bacio" si deve a Federico Seneca, direttore artistico della Perugina negli anni ’20, che rielaborando l'immagine del celebre quadro di Francesco Hayez, Il bacio, creò la tipica scatola blu con l'immagine di due innamorati. Fu sempre sua l'idea di inserire i cartigli contenenti le frasi d'amore che ancora oggi caratterizzano lo storico cioccolatino.

Purtroppo, se il mondo della cioccolata le riservava sempre maggiori "dolcezze", la vita privata di Luisa le procurava solo "amarezze": Annibale, il marito, se ne era uscito dalla Perugina sbattendo la porta. Ufficialmente per dissapori con i soci Buitoni. In realtà perché Luisa, già ben oltre i quarant’anni, aveva da tempo iniziato una storia d’amore con Giovanni Buitoni di 14 anni più giovane di lei. Questo fu un rapporto sul quale nulla è stato mai chiaramente scritto, e che rimase sempre ammantato di grande riservatezza. Erano altri tempi. Non esisteva il divorzio, nelle famiglie di solito neppure la separazione veniva presa in considerazione. Infatti Luisa non lasciò la famiglia, non andò mai a vivere con Giovanni, dal quale verrà separata solo dalla morte: una di quelle storie che tutti conoscevano ma di cui nessuno parlava, se non sottovoce. Fu un legame vero, profondo. Luisa comunque rimase in Azienda, entrando nel consiglio di amministrazione e rivelando ancor più le sue doti di capitano d’industria.

Ma ormai si stava per iniziare la seconda parte della vita professionale di questa Signora, dotata di indubbia modernità e di inventiva. La presenza di una donna a capo di un’impresa commerciale era, all’epoca, quasi scandaloso: secondo la filosofia fascista le donne (prive del diritto di voto!) dovevano «romanamente» (..Ipse dixit!) accudire al marito e ai figli. E basta! Luisa era quindi una "anormale", un uomo-in-gonnella eccentricamente a capo di altri uomini, un’imprenditrice che, per imporsi, doveva confrontarsi prima di tutto con le ristrettezze autarchiche imposte dal Regime. E fu proprio in conseguenza alle leggi autarchiche del regime del ventennio che, nel 1930, Luisa ebbe l’intuizione di sviluppare una seconda linea imprenditoriale. Il suo inarrestabile eclettismo la fece interessare ad un settore del tutto diverso da quello della produzione di cioccolatini: l’allevamento di conigli d’angora. L’idea, anche in questo caso, geniale di Luisa fu che i conigli non dovevano essere uccisi e neanche tosati, ma amorevolmente pettinati per ricavarne una lana particolarmente ricercata per i filati. Nacque così la Società Angora Spagnoli, riservata alla creazione di scialli, boleri e indumenti alla moda. Luisa vi si dedicò, come si dice, anima e corpo: più di 8.000 allevatori cominciarono a mandare a Perugia (per posta!) il pelo pettinato da almeno 250.000 conigli. Negli anni ’40, in un periodo in cui molti italiani soffrivano la fame e il freddo, Luisa regalava ai suoi operai, per Natale, maglie, calze e lana per un valore di 4.000 lire, una fortuna per quei tempi. Lo stabilimento di Santa Lucia aveva persino una piscina per i dipendenti, che per altro venivano alloggiati in casette a schiera (tutt’ora esistenti). Di questa seconda, fiorente attività se ne interesseranno in special modo i figli: Mario (1900-1977), autore del brevetto relativo al "pettine" per la raccolta della lana e creatore della Città dell’Angora, e Annibale (1927-1986) cui si deve la creazione della rete commerciale dei negozi di abbigliamento "Luisa Spagnoli", presente in tutto il mondo.

Purtroppo Luisa non riuscirà a vedere il vero decollo di questa sua seconda (solo dal punto di vista temporale) creatura: le venne diagnosticato un tumore alla gola. Invano Giovanni Buitoni la trasferirà a Parigi per garantirle le migliori cure.

Tutto fu inutile.

 


[2]Per inciso: tutti i soci, compreso i coniugi Spagnoli, erano di origine israelitica. L'annotazione non è senza rilevanza: anche in seguito, quando si trattò di trovare finanziamenti per gli investimenti in Francia e negli Stati Uniti, fu a banche dirette da membri di tale comunità che la Società Perugina fece sempre ricorso.

 

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Lee la primera parte

17 de agosto de 2011. - Luisa, nacida en Perugia en 1877, provenía de una familia humilde: su padre, Pasquale Sargentini, era un vendedor de pescado y su madre, María Conti, un ama de casa semianalfabeta. Ella parecía estar destinada también a una vida de anonimato, dedicada por completo a su marido, al hogar y a los niños. Es probable que se haya casado con esta perspectiva, en 1898, cuando tenía casi 21 años, con un joven de Asís, Annibale Spagnoli: una visita de la pareja a una feria de pueblo, donde vieron una máquina para fabricar dulces, fue el origen de la aventura empresarial de Luisa, aventura que dura aún hoy en día, más de 100 años después.

La pareja se hizo cargo, así, de una tienda de comestibles en el centro de Perugia, donde iniciaron a producir dulces a nivel artesanal. La iniciativa fue pronto un éxito y valía la pena fortalecerla con un importante aumento de capital. Había que buscar socios. Luisa los encontró: eran Francesco Buitoni (1859-1938), Leone Ascoli y Francesco Andreani (2).

Y así, el 30 de noviembre de 1907, el taller de los esposos Spagnoli se convirtió en la "Sociedad Perugina para la fabricación de dulces", con un capital de 100.000 liras (unos € 335 mil del año 2010).

A partir del año 1910, los acontecimientos de la empresa Perugina y la vida de Luisa se entrelazaron con la presencia en la compañía de un joven de gran talento empresarial, Giovanni Buitoni (1891-1979), de dieciocho años en aquél entonces, cuyo padre Francesco le había confiado las tareas hasta ese momento realizadas por él.

De hecho, era necesario intervenir para revitalizar la iniciativa. Las 100.000 liras de capital inicial se habían perdido y a este primer quebranto se había añadido otro adicional de 200.000 liras.

El joven Buitoni, aplicándose con esfuerzo fuera de lo normal (en 1972 en un libro autobiográfico recordará que en aquel entonces trabajaba unas 16 horas al día y 5 horas también los domingos), fue capaz de corregir rápidamente una situación que había resultado de la desorganización (los precios de venta y los costos de producción no habían sido calculados de manera racional) y de algunas presunciones incorrectas (intentos por establecer puntos de venta en el próspero, pero lejano, mercado del norte de Italia, en lugar de centrarse en el área comercial más cercana, menos rentable pero más segura).

Las medidas desarrolladas por el joven Giovanni permitieron a Perugina regresar a las utilidades y distribuir dividendos en un tiempo muy corto. Mientras tanto, había estallado la Primera Guerra Mundial y Luisa se encontró a cargo de la empresa prácticamente sola, revelándose muy hábil en cuestiones empresariales y de fabricación de dulces.

De hecho, si, por un lado, bajo su dirección, los empleados de la compañía crecieron de 15 a 100, por el otro (ya corría el año 1922) debido precisamente a ella, tuvo lugar esa creación genial que volvería el nombre de Perugia famoso en todo el mundo: el "Bacio". Se dice que este dulce de forma extraña nació de la idea de Luisa de mezclar con otro tipo de chocolate los fragmentos de avellana sobrantes de la elaboración de los dulces "normales". El resultado fue un "algo" que parecía un puño cerrado, donde el nudillo más sobresaliente era representado por una avellana entera. Por esta razón fue llamado "cazzotto" (trancazo). Con este nombre sin duda original, el chocolate (de sabor muy agradable) consiguió de inmediato un éxito rotundo. Sin embargo, ese nombre tan extravagante, no le gustaba al joven Buitoni. Era necesario encontrar un nombre más dulce y más adecuado para las ocasiones de su uso. Así fue que el "cazzotto" se convirtió en el "Bacio".

"¿Cómo hubiera podido un cliente entra a una tienda y pedir, tal vez a una amable vendedora: "¿Por favor, me da un trancazo?". Quité el letrero de la bandeja y puse uno nuevo: "Baci Perugina". Los jóvenes se dirigían a la vendedora y le decían "Señorita, ¿Me da un Bacio (beso)?" Y la señorita respondía "Aquí está un beso" ... muchas veces con una mirada traviesa".

La metamorfosis del "trancazo" fue verdaderamente revolucionaria y el "Bacio", hoy más que nunca, trae consigo toda una serie de símbolos ligados a gestos y momentos de amor. Es la representación por excelencia de un pensamiento afectuoso. El "look" del "Bacio" es obra de Federico Seneca, director artístico de Perugina en los años 20, que —trabajando sobre la imagen de la famosa pintura de Francesco Hayez, El beso— creó la típica caja azul con la imagen de dos enamorados. También fue suya la idea de poner en el interior los mensajes que contienen las palabras de amor que todavía caracterizan el histórico chocolate.

Desafortunadamente, mientras el mundo del chocolate le proporcionaba cada vez más "dulzura", la vida privada de Luisa sólo le reservaba "amargura": Annibale, su marido, había dejado la empresa azotando la puerta. Oficialmente, esto fue debido a diferencias con los socios Buitoni. En realidad Luisa, ya con más de cuarenta años, hacía tiempo que había comenzado un romance con Giovanni Buitoni de 14 años más joven que ella. Se trata de una relación sobre la cual nada ha sido escrito con claridad, y que siempre se mantuvo envuelta en la más grande confidencialidad. Eran otros tiempos. No existía el divorcio y en las familias ni siquiera la separación se llegaba a considerar como una posibilidad real. De hecho, Luisa no dejó a su familia y nunca se fue a vivir con Giovanni, del cual se separaría sólo por la muerte: era una de esas historias que todo el mundo conocía pero de la cual nadie hablaba. Fue un vínculo real, profundo. Luisa de todas formas se quedó en la empresa, entrando a formar parte del consejo de administración y revelando aún más su talento como mujer de negocios.

Pero ya estaba a punto de comenzar la segunda parte de la vida profesional de esta señora, de indudable modernidad y creatividad. La presencia de una mujer a la cabeza de una empresa comercial era, en ese momento, casi escandalosa: de acuerdo con la filosofía fascista las mujeres (¡sin derecho a voto!) tenían que cuidar en forma "romana" (¡Ipse dixit ..!) del marido y de los hijos. ¡Y sólo eso! Luisa era, por lo tanto una "anormal", un hombre con faldas de forma excéntrica a la cabeza de los demás hombres. Un empresario que, para imponerse, tenía que lidiar antes que nada con las limitaciones impuestas por el régimen autárquico.

Y fue precisamente debido a las leyes del régimen autárquico de dos décadas que, en 1930, Luisa tuvo la visión para desarrollar una segunda línea de negocio. Su eclecticismo incansable hizo que se interesara en un sector muy diferente al de la producción de chocolates: la cría de conejos de Angora. La idea, también en esta ocasión, genial de Luisa fue que los conejos no debían morir ni se les debía cortar el pelo, sino habían de ser peinados con amor para obtener una lana muy particular altamente solicitada para la producción de hilados. Así nació la Società Angora Spagnoli, dedicada a la creación de chales, boleros y ropa de moda. En los años 40, una época en que muchos italianos sufrían hambre y frío, Luisa regalaba a sus empleados para Navidad, suéteres, calcetines y lana con un valor de 4,000 liras, una fortuna en aquellos días. La planta de Santa Lucía tenía incluso una alberca para los empleados, que vivían en pequeñas casas (aún existentes) acomodadas en forma regular en las cercanías de las instalaciones. De esta segunda y próspera actividad se ocuparán especialmente sus hijos: Mario (1900-1977) —responsable de la patente del "peine" para la recolección de la lana y creador de la Ciudad de Angora— y Annibale (1927-1986) a quien se debe la creación de la red comercial de tiendas de ropa "Luisa Spagnoli," presente en todo el mundo.

Desafortunadamente, Luisa no alcanzaría a ver el despegue real de su segunda (sólo desde el punto de vista del tiempo) creación: se le diagnosticó un cáncer de garganta. Giovanni Buitoni la llevó a París para asegurar que recibiese la mejor atención.

Todo fue inútil.

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