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30 novembre 2011. - Nel 1968, Costantino Nivola, artista italiano, realizzó Hombre de paz (Uomo di pace), una complessa scultura in cui la colomba della pace e i colori nazionali del Messico e dell'Italia forniscono un quadro per esprimere l'idea della convivenza pacifica tra i nostri due popoli.

Per decenni la scultura subì le devastazioni della trasformazione urbana, della negligenza e dell'oblio, ma per gli abitanti del sud di Città del Messico è sempre stata un punto di riferimento urbano e una pausa estetica nel nodo del traffico quotidiano.

Oggi, grazie all'Ambasciata d'Italia, all'ingegner Adalberto Cortesi e ad altri cittadini preoccupati per il patrimonio culturale della capitale, Hombre de Paz è tornata al suo originale splendore.

L'Italia è —a volte— l'amico che noi messicani dovremmo visitare più spesso. Tuttavia, nessuno può negare che i rapporti tra i due popoli sono stati una fonte di dialogo e di affetto per secoli e che la coincidenza dei nostri colori nazionali e l'amore che molti messicani sentono per la cultura italiana hanno dato origine a un rapporto profondo, interrotto solo dall'avventura imperiale del fascismo e dalla conseguente difesa disinteressata dell'Etiopia del Presidente Lázaro Cárdenas per mezzo di Isidro Fabela che, in quell'epoca, rappresentava il Messico alla Società delle Nazioni.

Ad eccezione di questo episodio, dal 1874 i rapporti che legano il Messico al popolo italiano sono sempre stati più che cordiali. Per i messicani l'Italia è una fonte di piacere estetico, di buona tavola, di letteratura meravigliosa e di musica indimenticabile. Possiamo dire senza esitazioni che, assieme alle relazioni commerciali, la cultura è ed è sempre stata la principale fonte di unità tra i nostri popoli.

La popolazione italiana è presente in Messico dal XVI secolo. Con i primi conquistadores arrivarono 70 italiani e —da allora in poi— in maniera naturale, senza ragioni politiche o economiche, gli italiani sono continuati ad arrivare nel nostro Paese per secoli e si sono stabilti tra noi dando origine a una forma molto particolare di messicanità.

Alcuni di loro sono noti per il loro affetto e amore per la cultura messicana. Non possiamo dimenticare, ad esempio, Lorenzo Botturini, senza i cui studi sapremmo ancor meno della vita precolombiana nel nostro Paese.

Altri presero addirittura le armi per difendere la Patria amica: Luigi Ghilardi fu fucilato dai francesi nel 1869 e Peppino Garibaldi, nipote dell'eroe dei due mondi, si schierò con le truppe fedeli a Francisco I. Madero all'inizio della rivoluzione messicana del XX secolo.

Fedele alla tradizione dell'asilo politico, il Messico aprì poi le sue porte ad alcuni importanti italiani, la cui vita correva pericolo in patria sotto lo stivale fascista. Fu così che arrivarono, si stabilirono e si messicanizzarono Tina Modotti, Vittorio Vidali, Mario Montagnana e Rita Togliatti.

Esistono versioni secondo le quali l'Italia chiese, se non l'approvazione, almeno il consenso del Messico per utilizzare gli stessi colori nello stesso ordine per la sua bandiera nazionale, mentre altre voci affermano che Mussolini fu battezzato Benito come un omaggio di suo padre al Benemerito Juárez.

È difficile verificare questi estremi, ma è innegabile che alcune realtà tangibili come la presenza in Messico della Società Dante Alighieri, la formazione di artisti e musicisti messicani in Italia e la prelibatezza della cucina e dell'enologia del Bel Paese, sono fonti di unione tra due popoli che hanno molto in comune e che sono orgogliosi delle loro somiglianze, oltre ad aver sempre avuto un rapporto franco e cordiale, forse più che con molte altre nazioni, un rapporto che siamo sicuri diventerà sempre più stretto e continuerà as essere una fonte di gioia per entrambi i Paesi.

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Fernando Serrano Migallón, autore di questo articolo, è professore della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM). L'articolo è stato pubblicato sul quotidiano Excelsior il 17 novembre del 2011.

 

(fernando serrano migallón / excelsior / puntodincontro)

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30 de noviembre de 2011. - En 1968, Constantino Nivola, artista italiano, dio a conocer Hombre de paz, una escultura compleja en la que la paloma de la paz, los colores nacionales de México e Italia, dan marco a una expresión sobre la convivencia pacífica entre ambos pueblos. Durante décadas, la escultura sufrió los embates de la transformación urbana, de la incuria y aun del olvido, sin embargo, para los habitantes del sur de la ciudad siempre fue un referente urbano y un descanso estético en ese nudo del tráfico cotidiano. Hoy, gracias a la embajada italiana, al ingeniero Adalberto Cortesi y a otros ciudadanos preocupados por el patrimonio cultural de la Ciudad de México, el Hombre de paz, luce como en sus mejores momentos.

Italia es, a veces, el amigo al que deberíamos visitar con más frecuencia. Sin embargo, nadie puede negar que las relaciones entre ambos pueblos han sido fuente de diálogo y afecto durante siglos, que la coincidencia de nuestros colores patrios y la afición de muchos mexicanos por la cultura italiana dan cuenta de una relación únicamente interrumpida por la aventura imperial del fascismo en Italia y por la desinteresada defensa de Etiopía realizada por el general Cárdenas por conducto de Isidro Fabela.

Si bien es cierto que desde 1874, y salvo esa penosa excepción, las relaciones que nos unen con el pueblo italiano han sido siempre más que cordiales. Para los mexicanos, Italia es fuente de placer estético, de buena mesa, de fantástica literatura y también de música inolvidable. No nos equivocaríamos al decir que, junto a la vertiente comercial, la cultura ha sido la principal fuente de unión entre nuestros pueblos.

La población italiana en México se remonta al siglo XVI. Con los primeros conquistadores llegaron 70 italianos y, de manera natural, sin razones políticas o económicas, los italianos fueron llegando durante siglos a nuestro país y se asentaron entre nosotros y a la larga generaron una peculiar forma de mexicanidad. Algunos de ellos destacaron por su afecto y amor por la cultura mexicana, no podemos olvidar, por ejemplo, a Lorenzo Boturini, sin cuyos estudios conoceríamos menos todavía de la vida prehispánica en nuestro país. Otros incluso llegaron a las armas para defender a la patria amiga y de adopción, Luigi Ghilardi, fusilado pro los franceses en 1869 y Peppino Garibaldi, sobrino del héroe italiano, que combatió con Francisco I. Madero.

De acuerdo con la tradición de asilo, México abrió sus puertas a importantes italianos cuya vida peligraba en su tierra sometida a la bota fascista y así fue como llegaron, permanecieron y hasta se mexicanizaron Tina Modotti, Vittorio Vidali y Mario Montagnana y Rita Togliatti.

Dicen las tradiciones que Italia solicitó, si no autorización, al menos sí anuencia de México para usar los mismos colores y en el mismo orden en su bandera, que Mussolinni llevaba su nombre como un homenaje que su padre quiso rendir al Benemérito Juárez; es difícil verificar esos extremos; sin embargo, es cierto que cosas como el Instituto Dante Alighieri, la formación de los artistas plásticos y musicales mexicanos en Italia, las bondades de su mesa y su viña, son fuentes entrañables entre dos pueblos que mucho se parecen y que además celebran esas similitudes, que han tenido una relación tersa y amable, acaso más que con muchos otros pueblos, una relación que, estamos seguros, será todavía por muchos años fuente de gozo para ambas naciones.

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Fernando Serrano Migallón, autor de este artículo, es profesor de la Facultad de Derecho de la Universidad Nacional Autónoma de México (UNAM). El artículo fue publicado en el periódico Excelsior el 17 de noviembre de 2011.

 

(fernando serrano migallón / excelsior / puntodincontro)