Ed ora, musica!

Si alza il sipario sul Rossini Opera Festival.
Di Paola Cecchini.


23 agosto 2011. - Gioachino Rossini si sarebbe forse un po' stupito ma sicuramente divertito: impossibile immaginare che il suo “Mosé”, potesse suscitare tanto scandalo e polemiche a circa duecento anni dal debutto avvenuto al “San Carlo” di Napoli nel 1818.

Ironico e spiritoso qual era, si sarebbe unito agli applausi che hanno accolto -assieme a contestazioni, mugugni e critiche varie- “Mosè in Egitto”, spettacolo di enorme impatto visivo ed emotivo, nel provocatorio allestimento predisposto da Graham Vick che ha spazzato via, senza troppi complimenti, Mar Rosso e comandamenti vari: il regista, uno tra i maggiori della scena internazionale, ha riletto la vicenda biblica che tutti conosciamo, contestualizzandola alle vicende riportate dai telegiornali internazionali negli ultimi anni.

E così Mosè é apparso con le sembianze di Osama Bin Laden alzando il mitra al cielo ed invocando la guerra santa: é un leader che si batte per dare la libertà al proprio popolo che in questo caso non è più quello di Israele ma diventa espressione di tutte le minoranze oppresse del mondo.

Dio gli risponde predisponendo contro i nemici Egiziani kamikaze pronti a farsi esplodere e sterminando con il gas i primogeniti, mentre la platea è invasa da vittime insanguinate e teste di cuoio che spianano le armi contro gli spettatori.

Ottimo il cast, che annovera Riccardo Zanellato nel ruolo del protagonista, Alex Esposito in quello del Faraone, assieme a Sonia Ganassi e Yiale Shi.

Appassionata e carismatica la direzione del M° Roberto Abbado che ha diretto l'orchestra e il coro del Teatro Comunale di Bologna.

Un autentico choc per gli spettatori della prima che la sera precedente avevano assistito ad una rassicurante edizione di “Adelaide di Borgogna” rappresentata per la prima volta al Rof in forma teatrale.
 

Adelaide di Borgogna.
 

L'opera é legata ad un episodio della storia medievale italiana (attorno all'anno 990) ovvero la discesa nel nostro Paese di Ottone il Grande, imperatore di Germania, a difesa della regina Adelaide che -rifugiatasi nella fortezza di Canossa- teme di soccombere alla forza di Berengario (uccisore del suo consorte Lotario) che la vuole sposa del figlio Adelberto che ne é innamorato.

Ottone ama e vuole sposare Adelaide, e da qui prende il via tutto un gioco di assalti bellici e di sequestri incrociati tra le due opposte fazioni fino al lieto fine, allorché il magnanimo Ottone, deus ex machina dell'azione scenica, concede il perdono ai nemici unendosi alla sua amata.

L'opera -che vide la luce all'Argentina di Roma il 27 dicembre 1817- “fece naufragio”, come si diceva al tempo, anche se nello stesso anno Rossini, già famoso, aveva musicato due autentici successi: “La Cenerentola” e “La gazza ladra”. Sembra che per alcuni momenti minori dell'opera, il Compositore si sia avvalso della collaborazione dell'inseparabile amico Michele Carafa, mentre per l'ouverture abbia utilizzato la brillante sinfonia iniziale della “Cambiale di matrimonio”, deliziosa farsa comica, musicata sette anni prima.

L'edizione rossiniana -diretta da Dmitri Jurowsi con Daniela Barcellona nel ruolo “en travesti” di Ottone ed una sfolgorante Jessica Pratt in quello della protagonista- é stata firmata da Pier'Alli, regista da sempre all’avanguardia nell’utilizzo delle tecnologie multimediali: la sua é una regia raffinata e moderna, con pochi elementi scenici, oltre ad un grande schermo nel quale le immagini si sdoppiano, si dividono e si moltiplicano fino a 24 tasselli e dove l'elemento visuale ha talvolta distratto gli spettatori meno attenti o interessati alla parte musicale.

È stato trionfale il ritorno al Rof de “La Scala di seta”, farsa comica in un atto rappresentata per la prima volta al San Moisé di Venezia il 9 maggio 1812, anno in cui il ventenne Compositore presentò al pubblico altre quattro opere: “Ciro in Babilonia”, “La pietra del paragone”, “ L’occasione fa il ladro” e “L’inganno felice”.
 

La Scala di Seta.
 

La vicenda - classico intreccio di amori coltivati da una leggiadra fanciulla a dispetto del suo anziano tutore- è ambientata dal brillante Damiano Michieletto ai giorni nostri, in un mini-appartamento cittadino dove molto è lasciato all’immaginazione: le stanze sono quasi virtuali, con mura invisibili agli spettatori e che esistono soltanto per i cantanti. La presenza in scena di uno specchio consente inoltre una doppia lettura dello spettacolo.

Incredibile a dirsi ma la storia -seppur fedelmente rappresentata- appare moderna ed attuale, leggibile in tutte le sfumature.

Lo spagnolo José Miguel Pérez Sierra ha diretto l’Orchestra Sinfonica G.Rossini ed un cast di brillanti rossiniani: John Zuckerman, Hila Baggio, Josè Maria Lo Monaco, Juan Francisco Gatell, Simone Alberghini e Paolo Bordogna. Dieci minuti di applausi ed un tifo quasi da stadio per tutti.

Il 22 agosto è stato infine rappresentato in forma di concerto (senza messa in scena) “Il barbiere di Siviglia”(edizione critica di Alberto Zedda), l'opera rossiniana più famosa. La videoproiezione in diretta in Piazza del Popolo, nel cuore cittadino, ha permesso a chiunque di assistervi gratuitamente.

Diretto dallo stesso Zedda (direttore artistico del Festival) con un cast d'eccellenza che annovera tra gli altri, Marianna Pizzolato nel ruolo di Rosina e Juan Francisco Gatell in quello del Conte d¹Almaviva, il “Barbiere”- musicato nel 1816 su libretto di Cesare Sterbini e tratto dalla commedia omonima di Beaumarchais- piace sempre ed a tutti. Concordo con quanto scrisse in merito lo scrittore e giornalista francese Frédéric Vitoux: “Se il libretto dello Sterbini l'ha tanto ispirato non è solo perché, come è evidente, l'originaria commedia di Beaumarchais era un capolavoro il cui andamento musicale sembrava conseguenza della vivacità drammatica e del temperamento di tutti i personaggi, ma anche e soprattutto perché Rossini poteva riconoscersi in quella commedia”. Rosina, ad esempio, avrebbe potuto benissimo essere una delle sue amanti: non ingenua né vezzosa, ma una civetta decisa come piacevano a lui, una donna che pescava i propri ammiratori per strada o dal balcone, che aveva l'arguzia di lasciarsi apparentemente sedurre quando invece era la prima a sedurre ed a burlarsi degli altri.

“Ma soprattutto, Rossini è là, con la sua doppia natura, nel personaggio del barbiere e in quello del conte”, continua Vitoux. In comune con Almaviva, il giovane Rossini era molto attratto dal sesso femminile ed aveva una bella voce. Era un mondano che brillava nei salotti più esclusivi ma non bisognava aspettarsi da lui troppa fedeltà né serietà: gli bastava avere talento, successo e buone maniere per piacere ed ottenere ciò che voleva.

Rossini era soprattutto Figaro, il popolano che capiva tutto e non si lasciava ingannare da niente, “ che moltiplica le acrobazie, gli scherzi, le capriole, che si affretta a ridere di tutto per paura di essere obbligato a piangere di qualcosa”.

L'entrata di Figaro nel primo atto (la famosa cavatina “Largo al factotum della città”) é un impetuoso e irrompente ingresso nella vita, è l'annuncio di una sicura conquista, è la voce di Rossini. E' lui in persona!

Arrivederci all'edizione 2012 con “Ciro in Babilonia”, “Matilde di Shebran” e “Il signor Bruschino”!

Da Pesaro passo e chiudo

Paola Cecchini

 

(paola cecchini / puntodincontro)

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23 de agosto de 2011. - Gioachino Rossini se habría, tal vez, sorprendido un poco, pero sin duda lo habría disfrutado: imposible imaginar que su "Moisés" podría provocar tanto escándalo y controversia alrededor de doscientos años después de su debut en el teatro "San Carlo" de Nápoles en 1818.

Con la ironía y simpatía que lo caracterizaba, seguramente se habría unido a los aplausos que dieron la bienvenida —junto con las críticas y los gruñidos— a "Moisés en Egipto", espectáculo de gran impacto visual y emocional, con la provocativa puesta en escena de Graham Vick que eliminó de tajo, sin empachos, Mar Rojo y mandamientos: el director, uno de los más importantes en la escena internacional, presentó la historia bíblica que todos conocemos, contextualizándola entre los hechos reportados por la prensa internacional en los últimos años.

Y así Moisés apareció como Osama bin Laden levantando una ametralladora hacia el cielo y haciendo un llamado a favor de la guerra santa: es un líder que lucha por la libertad de su pueblo que en este caso ya no es el de Israel, sino que se convierte en una representación de todas las minorías oprimidas del mundo.

Dios responde enviando contra los enemigos egipcios kamikazes dispuestos a inmolarse y matando con gas a los primogénitos, mientras que el público es invadido con víctimas ensangrentadas y cabezas de cuero que apuntan las armas contra los espectadores.

Gran elenco, que incluye a Riccardo Zanellato en el papel principal, Alex Esposito interpretando al Faraón, Sonia Ganassi y Yiale Shi. La dirección del Maestro Roberto Abbado, quien dirigió la orquesta y el coro del Teatro Comunale de Bolonia, es apasionada y carismática.

En resumen, se trató de una verdadera sorpresa para los espectadores que la noche anterior habían asistido a una edición tradicional y tranquila de "Adelaida de Borgoña", representada por primera vez en forma teatral a Rof.

La obra está vinculada a un episodio de la historia de la Italia medieval (alrededor del año 990), o sea la llegada a nuestro país de Otón el Grande, emperador de Alemania, en defensa de la reina Adelaida que, habiéndose refugiado en la fortaleza de Canossa, teme sucumbir ante la fuerza de Berengario (que había matado a su marido Lotario) que quiere que se case con su hijo Adalberto que está enamorado de ella.

Otón ama a Adelaida y quiere casarse con ella, y de aquí se desarrolla una secuencia de actos bélicos y de secuestros entre las dos facciones hasta el final feliz, cuando el magnánimo Otón, deus ex machina de la acción en escena, otorgar el perdón a los enemigos y se une con su amada.

La obra, que se estrenó en el teatro "Argentina" de Roma el 27 de diciembre de 1817 - "naufragó", como se decía en aquél entonces, pese a que durante ese mismo año Rossini, ya famoso, había tenido dos grandes éxitos musicalizando "La Cenicienta" y "La Urraca Ladrona". Parece que para algunos momentos menores de la obra, el compositor buscó la colaboración de su inseparable amigo Michele Carafa, mientras que para la obertura utilizó el brillante comienzo de la "Promesa de matrimonio", una farsa cómica encantadora, compuesta siete años antes.

La edición de Rossini —dirigida por Dmitri Jurowsi con Daniela Barcellona en el papel de Otón y una excelente Jessica Pratt interpretando a la protagonista— fue "firmada" por Pier'Alli, director siempre a la vanguardia en el uso de tecnologías multimedia: un trabajo moderno y refinado, con pocos elementos escénicos, así como una gran pantalla en la que las imágenes se duplican, se dividen y se multiplican hasta llenar 24 segmentos, con una complejidad visual que, tal vez, haya distraído a los espectadores menos interesados ​​en la parte musical.

Fue un triunfo el regreso al Rof de "La escalera de seda", farsa cómica en un acto representada por primera vez en el "San Moisés" de Venecia el 9 de mayo de 1812, año en el que el compositor presentó al público otras cuatro obras: "Ciro en Babilonia", "La piedra de toque", "La ocasión hace al ladrón" y "El engaño feliz".

 

(paola cecchini / puntodincontro)

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