Il silfio
Il misterio della spezia estinta.

Di Claudio Bosio.

Oggi si calcola che le piante viventi sulla terra
scompaiono al ritmo di una al giorno
e non sembra lontano il momento
in cui ne verranno distrutte
alla cadenza di una ogni ora.
WWF Italia

 

19 agosto 2009. - A Parigi, nel Cabinet des Medailles della Bibliothèque National, si può ammirare una coppa di pregevole fattura e di un interesse storico particolare. Si tratta della coppa di "Arcésilas", del 560 a.C. La scena dipinta sul fondo di questa coppa, mostra, di fronte ad Arcésilas (Arcesilao) re di Cirene. una grande stadera e tre personaggi intenti a pesare dei sacchi. Al di sotto di questa scena, divisa da una linea orizzontale, si vedono altri tre personaggi che trasportano sacchi già pesati e registrati. L’operazione così illustrata riguarda la contabilità e l’annotazione delle quantità di una mercanzia che veniva stoccata nei magazzini del Re. In realtà, i pesanti sacchetti erano pieni di tuberi di una pianta preziosa, non più esistente: il silfio, una specie di "finocchio gigante" di colore nerastro.

Ma, perché mai il Re presiedeva personalmente a queste operazioni? Era un privilegio (nel vero significato della parola: da privus = singolo e lex = legge, quindi per legge eccezionale) che il popolo gli aveva attribuito e che significava tutta l’importanza e la preziosità di questi tuberi per la società cirenaica. L’epica classica ci racconta che Cirene, figlia di Ipseo re dei Lapidi, era una principessa bellissima e coraggiosa, amante della vita selvaggia e della caccia, che esercitava nei boschi della Tessaglia. Un giorno Apollo la vide abbattere un leone e se ne innamorò all’istante; la rapì e, con il suo cocchio alato, la portò, dalla Tessaglia, sulle colline della Libia occidentale, dove la amò e in suo onore venne fondata una città recante il suo nome.

Anche il racconto storico è ricco di spunti mitologici, ci parla di Grino, Re dell’isola di Thera (Santorini), che preoccupato per il figlio Aristeo, detto Batto, che già adolescente  non proferiva parola, fece visita all’oracolo di Apollo a Delfi. Il responso dell’oracolo fu quello di mandare il figlio affetto da mutismo in Africa, a capo di una spedizione di coloni per fondare una città in onore della sua amata Cirene. Così facendo, avrebbe acquistato la capacità di parola. Grino, però, non diede retta a questo vaticinio. Passato qualche anno la situazione a Thera, si fece problematica: per la concomitanza di una grave carestia e di un imponente incremento della popolazione, le risorse  alimentari dell’isola diventavano sempre più carenti. Fu così che Grino, assecondando (involontariamente) l’indicazione di Apollo, impose a Batto di partire alla volta dell’Africa, con una piccola spedizione di cento uomini.. Il viaggio, che doveva essere di  qualche settimana, durò invece otto anni.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pianta di Silphium Tipo I - II - II

Dopo una serie di episodi avventurosi, i coloni presero terra sulla costa libica, nelle vicinanze dell’odierna Derna. Qui si fermarono per sei anni senza però trovare le condizioni ideali per impiantare la loro colonia, fino a quando, venuti in contatto con la tribù locale dei Gilimani, furono accompagnati su una località collinosa che si rivelò idonea al loro acclimatamento. Qui fondarono la nuova città, (Kyrene) Cirene, come richiesto da Apollo.

La tradizione leggendaria vuole che Batto decise di porre la prima pietra a fianco di una ricca sorgente che dedicò ad Apollo e immediatamente acquistò la facoltà di parlare e si proclamò re di Cirene, era il 631 avanti cristo. Batto governerà per quaranta anni e darà vita alla dinastia Battea che governerà Cirene con otto re fino al 440 a.c. La città si sviluppò con grande rapidità grazie alle condizioni favorevoli che spinsero altri coloni greci a trasferirsi. Questo grande sviluppo allarmò le tribù locali che da sempre avevano mal accettato la colonizzazione straniera. Per respingere gli "invasori" greci, il principe libico Adikran chiese aiuto all’Egitto, di cui era alleato fedele. Il Faraone Kaaibra Apries (XXVI dinastia) mandò i propri mercenari, chiamati Machimoi, che furono sconfitti dai greci capitanati da Batto, nel 570 a.c. Questa data segnò l’inizio un periodo di grande stabilità ed espansione della città che in breve diventerà una delle più importanti del Mediterraneo. Il prestigio e la ricchezza di Cirene aumentarono sempre più, e la città divenne uno dei più importanti centri dell’antichità anche per le arti e le scienze. Il clima favorevole, la ricchezza d’acqua, le terre fertili e il trovarsi al centro delle più importanti reti commerciali marine e terrestri di quel periodo, unite alle forti motivazioni dei tanti coloni arrivati, resero possibile tutto questo. Sette anni dopo la fondazione della città, i "Cirenaici" scoprirono una pianta selvatica straordinariamente prodigiosa, il silphium, il commercio del quale costituì, per i coloni greci, "la" fonte di ricchezza, fino al I° sec. d.C., epoca della sua estinzione. (Roma ne era la principale importatrice).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tetradramma, argento, 485-475 av.J.C., 1- pianta di silphion fruttata/ 2- delfino e frutto di silfio
 

Plinio racconta di alcuni testimoni dell’invio dell’ultimo "silphium" all’Imperatore Nerone. Questa pianta era una specie di finocchio selvatico, ormai estinto, che cresceva in questa zona ed era nota in tutto il mondo antico e richiestissima perché dotata di proprietà eccezionali, con il Silfio si potevano curare tantissime malattie ed era anche il più efficace contraccettivo dell’antichità. La fortuna per i Cirenaici era rappresentata dal fatto che il Silfio era refrattario ad ogni trapianto, non si poteva coltivare ma solo raccogliere e quindi il suo commercio rimase sempre legato a Cirene. Anche il suo utilizzo non era semplice: i principi attivi con cui si elaboravano i medicamenti venivano estratti dalla linfa e intorno a questa arte nacque una prestigiosa scuola di medicina che fece accrescere ulteriormente il prestigio e la ricchezza della città. Cirene mantenne per secoli la sua autonomia nonostante la conquista di Alessandro Magno nel 331 a.c. a cui in realtà si consegnò e quella poco successiva del regno Egizio dei Tolomei che a loro volta nel 96 avanti cristo la consegnarono ai romani per mano del faraone Tolomeo Apione. Ma pur diventando romana mantenne la sua impronta greca e la sua indole di città che aveva nella ricerca del piacere e del vivere armonico i suoi capisaldi.

La resina ricavata dall’incisione della radice della pianta divenne in poco tempo un articolo di tale successo e lusso da “valere il proprio peso in argento” e Cirene divenne la città più ricca della regione nordafricana (almeno fino allo sviluppo di Alessandria).

Dopo aver fatto la fortuna della regione per più di 700 anni, scomparve però rapidamente dalla scena, diventando la prima pianta conosciuta ad estinguersi a causa dello sfruttamento umano. La pianta era probabilmente già conosciuta ai locali e cresceva solo lungo il versante mediterraneo del plateau montuoso e arido della odierna Cirenaica, in una fascia lunga 200 km e larga 55 km che arrivava fino alla punta orientale dell’odierno Golfo della Sirte in Libia Secondo fonti greche la pianta veniva raccolta spontanea e ogni tentativo di coltivarla in Siria e Grecia era fallito (Riddle 1992) ma ci sono voci riportate da Teofrasto che farebbero pensare che non disdegnasse i terreni lavorati e coltivati.

Lo stesso autore, nel suo Storia delle piante (Περὶ Φυτῶν Ιστορίας), la descrive come molto simile al finocchio gigante, e parla delle modalità di raccolta della pianta, determinate da regole molto precise e severe riguardo alle quantità annuali e le zone di raccolta. Data la sua importanza economica la pianta divenne il simbolo della città e venne usata come emblema sulle monete Cirenaiche; tra le varie raffigurazioni ne troviamo una che mostra solo la pianta, l’altra che mostra una donna seduta che tocca la pianta con una mano mentre con l’altra si indica i genitali (Penn 1994). La pianta è inoltre

Il Silfio ha molti nomi nella letteratura classica.

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In Grecia si chiama silphion la pianta, kaulos il fusto, opos la resina e maspeton la foglia;

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a Roma si modifica in silphium, si trova sirpe e si trova anche il termine laserpicium (o lasarpicium o laserpitium) che letteralmente significa lac sirpicium = succo o resina della sirpe. (che deriverebbe da lac = latte + sirpe derivato attraverso l'etrusco dal greco sílphion).Il termine laser indicava originariamente il silfio ma anche altre piante considerate suoi sostituti. Quindi, divenne il nome di un prodotto ricavato dal silfio, ossia il succo della pianta che, a contatto con l'aria, si solidificava prendendo un aspetto ceroso. Il laser era più o meno pregiato a seconda della parte della pianta dalla quale era stato ottenuto.

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Gli arabi usavano il termine asa (da cui asafoetida)

Che aspetto avesse il silfio, lo possiamo dedurre da alcuni reperti numismatici, ad esempio da una "dramma d’argento" del 450-420 a.C. del British Museum (Cyrenaica), ma anche, in dettaglio, nella monetazione afro-greca di Cirene: queste figure intere ricordano molto il finocchio gigante o Ferula communis o nartex (il nome greco della pianta dentro i cui fusti Prometeo nascose il fuoco rubato agli dei per l’uomo). Secondo Plinio questa pianta era uno dei più preziosi regali che la natura potesse fare agli uomini. Era così preziosa che i Romani conservavano il silfio accanto all’oro e all’argento nei tesori dello stato. Un personaggio di Aristofane dice che non avrebbe voluto «avere la ricchezza, neppure la più grande, quella dovuta al possesso di tutti i silfi di Libia». ("Il silfio di Battus" era una espressione greca per significare ricchezza estrema, essendo stato Battus il primo re di Cirene).  Molte leggende ne descrivono virtù alimentari magiche e vi è chi ha ipotizzato che desse alle legioni romane straordinarie doti di resistenza alla fatica.

Ulteriori informazioni su questa pianta selvatica della costa nord africana, ci vengono fornite dalla letteratura storiografica. Così,ad esempio, in Teofrasto da Lesbo (370-287 a.C)([1]): il silfio, "ha una grande radice con un lungo e robusto stelo e foglie simili a quelle del sedano. Il bulbo è tondeggiante e pieno. Il suo fogliame....somiglia a quello del sedano selvatico. Il seme, grande e piatto, è una samara, cioè non si apre spontaneamente a maturazione avvenuta. E’ pianta annuale". La più antica moneta cirenaica raffigura lo schizocarpo della pianta, mentre in altre si raffigura la foglia, che appare molto simile (come diceva anche Teofrasto) a quella del sedano. In monete più tarde si trova la rappresentazione del fusto fiorito intero, e intorno al 500 a.C. troviamo la pianta intera o parti della pianta associate a divinità o animali. Perché il silfio è stata una pianta così importante dal punto di vista economico? Per quali ragioni era usata?  Nonostante fosse una pianta importante nella farmacopea greca e romana, è indubbio che la sua fortuna sia dovuta alla passione smodata degli antichi per il suo sapore.

I greci lo usavano sia con i vegetali che con le carni, in particolare arrosti e trippa. Anche i romani apprezzavano moltissimo la spezia, tanto da consigliare di controllarne con cautela la qualità. Come ci spiega Dioscoride, essa “è di qualità quando è rossastra e traslucente, simile alla mirra e con un profumo molto potente, non verdastra, non grezza in sapore, e che non muta facilmente il suo color in bianco”. Certamente importante per capire lo status raggiunto dal Silfio (e più in generale dalle spezie) è analizzare il gusto dei romani per il lusso, inteso sia come benessere e ben-vivere sia come ostentazione, segno di ricchezza, potere, capacità d’influenza e di pressione sociale e politica.

L’uso in cucina era vario: il silfio era utilizzato per speziare cibi e vini, ma  soprattutto nella preparazione di verdure, come contorno, nella preparazione di salse o come condimento per carni arrostite, per la preparazione e il condimento delle interiora di maiale e bue. Non era indicato per pietanze a base di pesce fresco. Si conservava anche sott’aceto.

I greci ne preparavano una salsina composta da "silphium della Cirenaica, aceto, sale e ruta", che giudicavano ottima sia con i vegetali che con le carni, in particolare arrosti e trippa.

I Romani usavano preferenzialmente, in cucina, un succo ottenuto dal silfio, chiamato laser (= latte, lattice). A contatto con l'aria, questa secrezione si solidificava prendendo un aspetto ceroso. Il laser era più o meno pregiato a seconda della parte della pianta dalla quale era estratto. Il «laser cirenaico» è stato per tutto il mondo latino la spezia per eccellenza. Ne parlano diversi autori latini, tra i quali Columella (4-70 a.C.). e Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), Plinio, in particolare, ricorda che nel 93 a.C. Roma ne fece importare 30 libbre.

Ancora in Plinio leggiamo che Cesare, all'inizio della guerra civile, (49 a.C.) oltre ad oro e argento, fece prelevare dall'erario pubblico anche 1500 libbre di  laser, pari a 490 chili di questa preziosa sostanza. Dopo neanche un secolo il laser cirenaico era quasi irreperibile, quasi scomparso, e in epoca augustea lo si acquistava "a peso d'oro". Ai tempi di Plinio un'unica rarissima pianta fu donata a Nerone (37-68 d.C). Del resto una caratteristica della pianta era quella di crescere solo allo stato selvatico e di non poter essere quindi coltivato. Dal I sec.d.C. Roma poté importare solo laser partico, ricavato da una ferulacea (Ferula asa foetida), che ancor oggi cresce in Persia e nel Belucistan. Sembra fosse un prodotto assai inferiore a quello cirenaico. In origine, con il nome di silfio si indicava una ferula ([2]) della Cirenaica. In seguito, a Roma, si chiamò laser anche il prodotto di un'altra ferula: la Ferula asa foetida, una pianta perenne, gigante, con radice spessa e foglie grandi, finemente divise. I fiori, piccoli e di colore giallo, sono seguiti da frutti minuti; dopo la fioritura, la pianta muore. E' definita anche "finocchio gigante", data la sua somiglianza con il genere Foeniculum, tuttavia è conosciuta soprattutto per la produzione di gommaresina e per il suo odore molto sgradevole. Cresceva nelle regioni orientali come la Persia e l'Armenia. Per incisione del tronco e della parte superiore della radice si ottiene l’asafetida.

Proprio in considerazione del fatto che silfio e asafetida sono due ferule, una delle quali (l’asafetida) ancora esistente, possiamo cercare di ricostruire gli usi gastronomici del silfio (estinto) basandoci sulla pianticella ancor oggi reperibile. Anzitutto sappiamo che viene inciso il fusto della pianticella: Il liquido lattiginoso che ne sgorga dalla ferita, si rapprende in granelli duri e fragili grandi come un pisello o in masse più grosse: la prima, più pregiata, si chiama assafetida (in grani o in lacrime).

Entrambi i prodotti hanno un odore forte e un sapore amaro e acre; contengono per il 60% una resina solubile nell'etere, per il 25 % gomma e per il 6/7% un olio etereo a cui è in gran parte dovuto l'odore, non proprio gradevole. Il cattivo odore dell'asafetida fresca non la rende un idoneo aromatizzante alimentare. Soltanto dopo averla fritta, e mangiata in piccole dosi, la resina presenta un sapore piuttosto gradevole anche per i palati occidentali. La cosiddetta "polvere di asafetida" è la resina mescolata con farina di riso. La polvere presenta un sapore meno forte che la rende più versatile nell'uso. (Una volta cotta, l'asafetida emana un odore simile a quello dell'aglio, mentre il gusto è amaro ed acre).

In Europa, l'assafetida è stata una spezia abbastanza popolare sin dal tempo dei Romani ed è stata anche molto usata nel Medio Evo (per esempio per aromatizzare la carne di montone arrostita) ma in seguito il suo uso è decaduto. In Iran è ancora un ingrediente importante; è popolare anche in India tra gli intellettuali che si rifiutano mangiare l'aglio. Nella cucina indiana, l'assafetida, conosciuta con il nome di hing, viene normalmente combinata con l'aglio o con la cipolla, anche se l'assafetida è utilizzata più che altro come un sostituto di questi aroma vegetali; è quasi sempre utilizzata per pietanze a base di verdure. Oltre che ai vegetariani, si dice sia particolarmente gradita alle vedove, cui sembra garantisca salute e … pace dei sensi! L'uso dell'assafetida differisce un po' a seconda se si impiega la polvere o la resina pura.

La resina ha un odore molto forte e deve essere usata con parsimonia; inoltre, è assolutamente necessario friggere brevemente la resina con olio caldo. Questo per due ragioni: primo, la resina si scioglie nell'olio caldo e si distribuisce meglio sui cibi, secondo, le alte temperature cambiano il sapore rendendola più gradevole. Una quantità pari alle dimensioni di un chicco di pisello è considerata ottimale e,quindi, sufficiente per aromatizzare i cibi. Dall'altro lato, l'assefetida in polvere è meno intensa e potrebbe essere aggiunta senza friggerla, anche se dopo l'aroma è meno forte. Infine, l'assefetida in polvere perde il suo aroma dopo alcuni anni, ma la resina sembra non deteriorarsi. Oggi il laser (quello ricavato dalla ferula persiana) è reperibile in negozi specializzati in prodotti esotici, chiedendo l'asafetida della cucina indiana.

Il silfio era considerato dalla farmacopea antica una vera panacea per ogni male. Il laser, un lattice che, come già indicato si estraeva dalla sua radice, aveva prodigiose doti medicamentose: aveva il potere di addormentare le pecore o di fare starnutire le capre, ma anche di rendere innocuo il veleno dei serpenti, di facilitare la digestione, di guarire i disturbi circolatori, dolori articolari, gotta, sciatica, impotenza maschile, tetano, asma , mal di gola, idropisia, epilessia, itterizia, disturbi femminili, di far maturare gli ascessi, di cicatrizzare ulcere, ferite e piaghe, di estirpare i calli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tetradramma, argento, circa 485-475.La Ninfa Cirene, seduta, tocca il silfio

Non basta: era utilizzato in ginecologia per favorire le mestruazioni e come contraccettivo. In oculistica veniva impiegato come composto in un collirio contro l’ambliopia (diminuzione dell’acutezza visiva) e per i principi di cataratta. Infine, per le sue virtù ricostituenti il laserpizio era anche usato come tonico nelle convalescenze e nei casi di prostrazione psicosomatica. Ma, anche alla luce di recenti studi, sembra proprio che il più antico anticoncezionale orale della storia sia stato ricavato dal silfio della Cirenaica.. Il "silphium", era ben conosciuto dal padre della medicina Ippocrate (460-337 a.C.) anche se i suoi usi ginecologici vengono menzionati esplicitamente solo da Sorano di Efeso, un ginecologo alla moda tra le donne romane della fine del II secolo.

Autore di un manuale di tecniche anticoncezionali, Sorano proponeva alle sue clienti alcuni metodi piuttosto … bizzarri: dagli aborti a raffica per ottenere la sterilità permanente, allo starnuto dopo il rapporto per espellere lo sperma. Più sicuro, a suo dire, il silfio. A seconda della ricetta, il "succo cirenaico" sarebbe servito a prevenire il concepimento o a provocare un aborto precoce, un pò come la "pillola del giorno dopo".

Non potendo sperimentare sul silfio, due studiosi americani, Riddle ed Estes, hanno usato nei loro test una serie di piante "parenti" della famiglia del finocchio: alcuni estratti hanno bloccato la fertilizzazione dell' uovo, mentre altri ne hanno impedito l' impianto.

Fra gli altri usi terapeutici del silfio, vengono riportati i seguenti: come unguento per far ricrescere i capelli in caso di alopecia, come fomento su geloni, calli e duroni dei piedi, come cura dei disturbi della bile, dell'idropisia, della raucedine, della gotta, angina, asma e tosse, epilessia; in impacco, era utile nei dolori da coxalgia e lombaggine; Plinio stesso ammette infine che l'elenco degli impieghi terapeutici del laser é infinito (Quas habeat utilitates (...) inmensum est referre) Quanto al suo uso come medicamento, la nostra fonte di informazione è Dioscorides Pedanio (40-90 d.C.) un medico, botanico e farmacista greco che esercitò a Roma ai tempi dell'imperatore Nerone.

Dioscoride, nel suo De Materia Medica, un erbario scritto in lingua greca che ebbe una profonda influenza nella storia della medicina, ci informa sui rimedi a base di radici e succo di silfio in disturbi e malattie (epilessia, carbonchio, bronchiti, nevralgie, febbre, punture di insetti). Ci conferma, inoltre, che i Romani producevano gocce oculari a base di silfio, e lo usavano anche come digestivo.

Questo collirio ce ne tramanda la ricetta un altro medico, Aulo Cornelio Celso (ca.14 a.C. – ca.37 d.C.) romano (autore del De Medicina, fonte primaria su dieta, farmacia, chirurgia): «85 g di pepe nero o bianco in grani, 57 g di semi di sedano, 43 g di silfio e 57 g di formaggio; dopo averli pestati e colati, si mischiano con miele in un contenitore. Quando necessario, mischiare quantità indicate a seconda della necessità, con garum (una salsa liquida di interiora di pesce e pesce salato) e aceto». La resina del silfio era uno dei più importanti prodotti di esportazione; dai fiori si ricavava il profumo, dalle foglie un infuso utile per il controllo delle nascite.

Il silfio era famoso come contraccettivo, come mezzo per abortire e favoriva le mestruazioni. Secondo il celebre medico greco Soranus di Efeso, (che operò ad Alessandria e a Roma dove operò sotto Traiano e Adriano e che è considerato il fondatore della ginecologia e dell'ostetricia scientifica), le donne avrebbero dovuto bere succo di silfio con acqua una volta al mese. Oggi sappiamo che molte specie appartenenti alla famiglia delle Apiaceae hanno proprietà estrogeniche, ed è stato dimostrato che alcune (come la carota selvatica) possono fungere da abortivo; è quindi possibile che la pianta fosse farmacologicamente attiva per la attiva per la prevenzione o l'interruzione della gravidanza.

Perché il silfio si estinse?

Perché, o meglio in che modo, il silfio si sia estinto non è chiaro. Non è neppure chiaro quando esattamente si estinse, proprio perché la gente iniziò a sostituire al silfio altre ferule. Plinio scrive che, semplicemente, i pastori iniziarono a nutrire le pecore con la pianta, perché la carne di pecora nutrita a silfio era particolarmente ricercata, e questo, unito alla già elevata richiesta di spezia, portò alla sua estinzione; l’ipotesi sembra poco ragionevole, dato che certamente il siflio doveva valere molto di più della carne di pecora. Il geografo Strabone, (58 -23 a.C.) che scrive circa un secolo prima della sua scomparsa, sembra suggerire che i problemi che portarono alla estinzione derivassero da scontri tra i raccoglitori (pastori Libici) e i commercianti di Cyrene.

I raccoglitori, ci dice Strabone, durante degli scontri, sradicarono e distrussero un grande numero di piante, in segni di rivolta, e lasciarono che le pecore devastassero le piante, probabilmente, perché non erano soddisfatti dei guadagni miseri derivanti dalla raccolta. Secondo un’altra teoria, quando, nel 74 a.C., Roma   trasformò Cirene e Creta, in una unica provincia senatoriale, i governatori che si succedettero al comando sfruttarono pesantemente la pianta per ottenere guadagni rapidi ed elevati (NB: i governatori non avevano salario e potevano intascarsi ciò che ottenevano sfruttando la provincia!!). Cento anni più tardi, nel primo secolo d.C., la scarsità della pianta portò al crollo dell’economia della regione, tanto che poco tempo dopo Plinio riporta che "ormai da molti anni il silphion non è stato visto nella regione, dato che le persone che affittano la terra da pascolo, vedendo possibilità di maggiori profitti, lo sfruttano eccessivamente per farne pascolo per pecore. L’unico fusto trovato a memoria d’uomo è stato mandato all’Imperatore Nerone".

Dopo il primo secolo nessuno riporta l’uso del silphion, e nonostante vi siano stati nei secoli vari autori che hanno annunciato che il silphion era stato trovato, risulta molto difficile credervi, poiché se veramente fossero esistite delle colonie sopravviventi, le popolazioni, ben consce del suo valore, lo avrebbero sfruttato commercialmente e noi avremmo delle fonti che riportano di questo commercio.

Seppure la fine del mercato non coincide con la scomparsa della specie, ovvero della estinzione in senso stretto, è ipotizzabile che la pianta scompaia del tutto tra il secondo e il terzo secolo d.C., e possiamo concludere che la sua scomparsa sia legata all’ipersfruttamento e alla mancata obbedienza alle regole imposte dal governo di allora che regolava la quantità e la modalità di raccolta della resina. Oggi giorno, sarebbe possibile ridare la vita al silfio, utilizzandone il DNA. È ipotizzabile che una qualche piantina sia "sopravvissuta" o che sia reperibile in relitti sottomarini che la trasportavano. In effetti, la Società Francese di Geografia, ha promulgato un premio per chi avesse trovata una pianta di silfio. Molti si misero alla ricerca, ma nessuno ci riuscì.

Per concludere, una curiosità: nell’araldica militare italiana il silfio d’oro reciso di Cirenaica è il simbolo concesso alle unità che hanno combattuto nelle campagne in Africa settentrionale durante la seconda guerra mondiale.


([1]Il suo vero nome era "Tirtamo", ma, per il suo eloquio forbito e piacevole, venne chiamato Teofrasto (colui che parla divinamente) dal suo maestro Aristotele. Come Aristotele (aio del giovane Alessandro) era "filo-macedone" e quindi andò incontro a contrasti e traversie, sino al 335 a.C. quando l’egemonia macedone si impose definitivamente sulla Grecia: con Aristotele, fondò ad Atene una nuova scuola, il Peripato, dove eseguì studi e ricerche scientifiche, finanziate da Alessandro in persona che, per di più, contribuiva inviando anche relazioni sulla fauna, flora e antropologia delle terre conquistate. Teofrasto, in particolare, si interessava di botanica e promosse un'opera di classificazione e di eziologia delle piante di cui c'è giunta la traduzione latina (La "Historia plantarum" ed il "De causis plantarum"). Morì a 85 anni, circa nel 287 a. C.

 

([2]) Le ferule sono piante con foglie grandi molto divise e fiori gialli raccolti "in ombrella".

Il termine ferula, tuttavia, ha diversi significati e può, inoltre, indicare:

§  Un bastone utilizzato durante cerimonie cattoliche; è simile al bastone pastorale del vescovo. A differenza di quest'ultimo, la ferula ha all'estremità una sfera di metallo prezioso. La ferula papale è il pastorale particolare del Papa, al posto di essere ricurvo, all'estremità superiore è dotato di una Croce anticamente a tre braccia.

§  Un'imbragatura rigida utilizzata in ortopedia per immobilizzare gli arti inferiori.

§  Una striscia metallica applicata ad un dente per renderlo oppure un filo metallico liscio e festonato che si adatta, legandolo ai singoli denti, per la contenzione di fratture dei mascellari.

§  Una bacchetta che il maestro usava per punire gli scolari indisciplinati o … zucconi