Scultura decorativa degli anni venti del Settecento, in legno dorato a tutto tondo, che orna l'estremità
della peota-bucintoro dei Savoia, ancor oggi conservata, intatta, in Piemonte.

 

19 marzo 2012 - Il Bucintoro era la galea di stato dei dogi di Venezia, sulla quale si imbarcavano ogni anno nel giorno dell'Ascensione per celebrare il rito veneziano dello sposalizio con il mare. Ma anche il Re di Sardegna, dal lato opposto della pianura padana e stabilito in una città senza accesso al mare, utilizzò un'imbarcazione simile. Ecco la storia.

Il Bucintoro del Re di Sardegna fu costruito nella Serenissima su committenza non scritta della corte di Torino; è per tipologia navale una peota, imbarcazione veneziana adatta a navigare anche sulle acque dell’alto corso del Po.

La principale fonte archivistica concernente il Bucintoro sabaudo è il carteggio Lettere, conti e scritture (giugno 1731 - marzo 1732) conservato presso l’Archivio di Stato di Torino, relativo ad una complessa vicenda di carattere giuridico ed economico sul pagamento dell’imbarcazione. In esso non si trova menzione dell’epoca di inizio dei lavori, della loro durata e della committenza. Sono documentate invece con chiarezza le date del lasciapassare per il viaggio sul Po (30 giugno 1731) e dell’ordine del pagamento ufficiale (11 febbraio 1732) che riportano la firma di Carlo Emanuele III di Savoia; da tali date si evince che l’imbarcazione fosse all’epoca completata e che fosse stato deciso il suo invio a Torino. Altra data certa è il 4 settembre 1731, giorno in cui avvenne la consegna al Castello del Valentino, antica residenza fluviale sabauda della prima Madama Reale.

 

Torino. Il Castello del Valentino.

 

Lo attesta una fonte attendibile dell’ottocento (Giovanni Vico, Il Real Castello del Valentino, Torino, 1858).
Nel carteggio Lettere, conti e scritture si trova il conto dei costi da cui risulta un totale di lire 21500 di Piemonte (pari a 44790 lire di Venezia) che comprende il Bucintoro, una gondola, una burchiella (imbarcazione per carico) e il viaggio fluviale da Venezia a Torino. Parte di tale conto è riassunto in un estimo firmato da Filippo Juvarra, in qualità di primo architetto di corte, che attribuisce al Bucintoro un valore di 14108 lire di Piemonte (pari a 29157di Venezia) ed alla gondola un valore di lire 2000 di Piemonte (pari a 4133 lire in moneta veneziana). Per la redazione dell’estimo Juvarra riprende costi richiesti a Venezia che restituiscono fortunatamente anche il nome degli artisti e degli artigiani che hanno contribuito alla realizzazione del Bucintoro, in particolare lo scultore Matteo Calderoni.

L’architetto che progettò l’imbarcazione, il cui nome non compare nel carteggio citato, aveva sicuramente presente l’ultimo Bucintoro veneziano, varato nel 1729, di cui ripete infatti lo sfarzo reinterpretandone il significato di “Reggia galleggiante”: se il bastimento della Serenissima è per antonomasia Regia sull’acque (Anton Maria Luchini, Venezia, 1729), estensione del Palazzo Ducale ad uso cerimoniale quando Doge e Signoria sono a bordo, il Bucintoro dei Savoia, come le stesse Residenze sabaude dell’epoca, è ad un tempo luogo di rappresentanza e di divertimento.

L’imbarcazione si presenta come una piccola reggia dorata.

Il prospetto sull’ingresso del tiemo, o cabina, sfoggia le insegne reali in uso dallo scambio territoriale tra Sardegna e Sicilia avvenuto nel 1718, sormontate da due leoni che reggono la corona. A prua, tra le rappresentazioni fluviali di Adige e Po, si trova la figura di Narciso che simboleggia il rispecchiarsi della bellezza nell’acqua. Lungo le murate, tritoni, sirene e divinità marittime emergono dalle onde in fregi dorati su fondo rosso. A poppa, putti trattengono due cavalli marini; sull’ingresso posteriore del tiemo si erge un secondo prospetto giunto da Venezia con la sola doratura, senza insegne o iniziali.

L’oro riveste non soltanto l’apparato decorativo dell’imbarcazione, ma anche la ribolla, barra del timone, intagliata a forma di drago ed i remi, oggi perduti ma documentati da una descrizione contenuta nel fondo archivistico prima menzionato.

La stessa documentazione attesta che, all’interno del tiemo, oltre alle panche dorate destinate alla corte (tuttora conservate), erano presenti due piccoli troni, cadreghe alla dolfina, ed una tavola dorata, ora perduti. Perduti sono anche i due stendardi reali che venivano issati su antenne a poppa e a prua in presenza del re nonché il prezioso corredo di stoffe in cui prevaleva il caratteristico velluto cremisi guarnito d’oro del Bucintoro veneziano.

Sottolinea il carattere di Reggia il progetto iconografico delle pitture. Il dipinto sul soffitto raffigura un episodio della storia genealogica della dinastia: sotto forma di incontro, è rappresentata la pacificazione tra papa Niccolò V (1447-1455) e Amedeo VIII primo Duca di Savoia, in seguito alla rinuncia di quest’ultimo al soglio anti romano (1449) cui era stato eletto con il nome di Felice V. Per porre fine allo scisma, Amedeo VIII trattò lungamente con Roma ottenendo benefici e privilegi ecclesiastici. È ipotizzabile quindi che il dipinto alluda al concordato tra Benedetto XIII (1724-1730) e Vittorio Amedeo II (padre di Carlo Emanuele III) del 1727, risoltosi a favore del Savoia dopo una lunga negoziazione, e con il quale furono sostanzialmente confermati i benefici e privilegi ottenuti dall’avo.

Nei pennacchi del soffitto, i motti “Fert” e “Opportune” sottolineano episodi del passato dinastico e avvalorano l’ipotesi dell’allegoria storica; riallacciandosi alla tradizione, essi intendono alludere alle virtù che all’epoca il sovrano doveva possedere: conoscenza e abilità nell’arte militare e capacità di indirizzare l’arte diplomatica per il bene dello Stato.

Il Bucintoro, che era stato progettato per avere funzioni di parata e di divertimento, divenne sottile strumento politico al tempo della crisi dinastica sabauda seguita all’abdicazione di Vittorio Amedeo II e al suo imprigionamento da parte del figlio Carlo Emanuele III nei Castelli di Rivoli e Moncalieri: colpisce infatti la concomitanza tra la prigionia di Vittorio Amedeo II, iniziata il 28 settembre 1731 e conclusasi con la sua morte il 31 ottobre 1732, e il frequente utilizzo del Bucintoro da parte di Carlo Emanuele III proprio negli stessi mesi. In uno dei momenti più difficili della storia legata a Casa Savoia, quando tutti i regnanti d’Europa si interrogano sugli avvenimenti di Torino, l’apparizione fisica del giovane re sull’imbarcazione d’oro con le insegne di Sardegna costituisce per gli osservatori esteri, per la corte e per i sudditi un forte segno di centralità del potere e di garanzia di continuità.

Durante la campagna militare sul Po contro l’Austria (1733-1734) le uscite del Bucintoro vengono interrotte. Successivamente, e fino alla seconda metà dell’Ottocento, si riscontra invece l’uso dell’imbarcazione per cerimonie e festeggiamenti dinastici. Nel 1869 l’Amministrazione della Real Casa, che stava progettando l’invio del Bucintoro sabaudo a Venezia, lo concede alla città di Torino: il 2 aprile 1873, con delibera municipale, ne viene decisa la collocazione presso il Museo Civico dove rimase fino in epoca recente. Un manifesto dell’Archivio Storico Bolaffi di Torino è l’unica immagine finora nota, anche se tarda (1884), del Bucintoro sul Po: si tratta in realtà di una rappresentazione simbolica, in quanto a sfilare sull’acqua furono quattro bissone giunte per l’occasione da Venezia.

 

(Alessandra Castellani Torta / Giorgio Marinello / puntodincontro)

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19 de marzo de 2012 - El Bucintoro era la galera oficial del Dux de Venecia, sobre la cual se embarcaba cada año el Día de la Ascensión para celebrar el rito de la boda con el mar. Pero también el rey de Cerdeña, del lado opuesto del valle del Po y establecido en una ciudad sin salida al mar, utilizó una embarcación similar. Aquí está la historia.

El Bucintoro del Rey de Cerdeña, fue construido en Venecia, por encargo no escrito de la Corte de Turín, es un tipo de embarcación llamada Peota, originaria de Venecia y adaptada para navegar en las aguas del curso superior del río Po.

La principal fuente sobre el Bucintoro de los Saboya es la correspondencia, que contiene cartas, cuentas y registros (junio 1731-marzo 1732) que se conserva en el Archivo de Estado de Turín y describe una compleja historia de carácter legal y económico acerca de la liquidación del barco.

En ella no hay ninguna mención de la fecha de inicio de la construcción, ni tampoco de su duración o identificación del cliente. Están claramente documentadas, sin embargo, las fechas de la autorización para viajar en el río Po (30 de junio de 1731) y de la orden de pago oficial (11 de febrero de 1732) que muestran la firma de Carlos Manuel III de Saboya. Se deduce que en esas fechas el barco había sido terminado y que se había decidido llevarlo a Turín. Otra fecha clara es la del 4 de septiembre de 1731, día en que la entrega se llevó a cabo en el Castillo del Valentino, antigua residencia sobre el río perteneciente a los Saboya.

Esto es atestiguado por una fuente confiable del siglo XIX (Giovanni Vico, El Real Castillo del Valentino, Turín, 1858).

En la correspondencia de cartas, cuentas y registros se encuentran también las erogaciones que muestran un total de 21,500 liras de Piamonte (equivalentes a 44,790 liras venecianas), que incluye el Bucintoro, una góndola, una burquiela (embarcación de carga) y el viaje por el río de Venecia a Turín.

Parte de esta cuenta se resume en una valuación firmada por Filippo Juvarra, como arquitecto en jefe de la corte, que atribuye al Bucintoro un valor de 14,108 liras de Piamonte (equivalentes a 29,157 de Venecia) y a la góndola un valor de 2000 liras de Piamonte (4,133 liras en moneda veneciana). Para la preparación de la valuación Juvarra utiliza costos solicitados a Venecia que, afortunadamente, reportan también el nombre de los artistas y de los artesanos que contribuyeron a la construcción del Bucintoro, en particular, el escultor Matteo Calderoni.

El arquitecto que diseñó el barco, cuyo nombre no se menciona en la correspondencia, sin duda tenía en mente el último Bucintoro de Venecia, inaugurado en 1729, dado que repite su esplendor de "Palacio flotante". Si el buque veneciano era, en esencia, una residencia real sobre el agua (Anton María Luchini, Venecia, 1729), una especie de ampliación del Palacio Ducal para uso ceremonial del Dux y de la Señoría cuando se encontraban a bordo, el Bucintoro de los Saboya, así como sus residencias de aquél tiempo, tenía que ser contemporáneamente un lugar de representación y de entretenimiento.

El barco se presenta como un pequeño palacio dorado.

En la entrada de la cabina, se exhiben las insignias reales utilizadas desde el intercambio de tierras entre Cerdeña y Sicilia que se llevó a cabo en 1718, adornadas con dos leones que sostienen una corona.

En la proa, entre las representaciones de los ríos Adige y Po, se encuentra la figura de Narciso, que simboliza la belleza reflejada en el agua. A lo largo de los lados, tritones, sirenas y dioses del mar emergen de las olas en formas doradas sobre un fondo rojo. A popa, unos querubines detienen dos caballitos de mar. En la entrada posterior de la cabina se encuentra una segunda insignia llegada de Venecia de color dorado, sin iniciales.

El oro no sólo recubre las decoraciones de la embarcación, sino también la barra del timón, tallada en forma de un dragón, y los remos, ahora perdidos pero documentados en una descripción que forma parte del archivo antes mencionado.

El mismo documento afirma que, en la cabina, además de los asientos dorados para la corte (que aún se conservan), había dos tronos pequeños, sillas estilo delfina y una mesa de oro, ahora extraviados. También están perdidas las dos banderas reales que se izaban en la proa y en la popa ante el rey y el valioso conjunto de telas entre las que prevalecían las terciopelo carmesí bordado de oro al estilo del Bucintoro de Venecia.

El proyecto iconográficos de las pinturas resalta aún más el carácter de Palacio del barco. La pintura en el techo representa un episodio de la historia genealógica de la dinastía: utilizando la metáfora de una reunión se representa el reestablecimiento de la paz entre el papa Nicolás V (1447-1455) y Amedeo VIII, primer Duque de Saboya, tras la renuncia de éste al trono anti-romano (1449) al cual había sido elegido con el nombre de Félix V. Para poner fin al cisma, Amedeo VIII trató extensamente con Roma, obteniéndo beneficios y privilegios eclesiásticos. Por tanto, es concebible que la pintura sea aluda al concordato entre Benedicto XIII (1724-1730) y Vittorio Amedeo II (padre de Carlo Emanuele III), en 1727, que se resolvió a favor de los Saboya después de una larga negociación y con el que se confirmaron en gran medida los beneficios y los privilegios obtenidos anteriormente.

En el techo, los lemas "Fert" y "apropiado" resaltan episodios del pasado de la dinastía y apoyan la hipótesis de la alegoría histórica. Haciendo referencia a la tradición, tienen la intención de aludir a las virtudes que en esa época el rey tenía que tener: conocimiento y destreza del arte militar y capacidad diplomática para el bien del estado.

El Bucintoro, que había sido diseñado para desfiles y funciones de entretenimiento, se convirtió en un sutil instrumento político en la época de la crisis dinástica de los Saboya después de la abdicación de Víctor Amadeo II y su encarcelamiento de parte de su hijo Carlo Emanuele III en los Castillos de Rivoli y Moncalieri: es notable la coincidencia en el tiempo entre el periodo pasado en la cárcel por Víctor Amadeo II, que comenzó 28 de septiembre 1731 y terminó con su muerte el 31 de octubre 1732, y el uso frecuente del Bucintoro por Carlo Emanuele III, precisamente en los mismos meses. En uno de los momentos más difíciles de la historia vinculados a la Casa de Saboya, cuando todas las familias reales de Europa se preguntan acerca de los eventos en Turín, las apariciones del joven rey en el barco dorado con la insignia de Cerdeña es para los observadores extranjeros, para la corte y para sus súbditos una señal fuerte de la centralidad del poder y la garantía de continuidad.

Durante la campaña militar en el Po contra Austria (1733-1734) las salidas del Bucintoro se detuvieron. A partir de entonces, y hasta la segunda mitad del siglo XIX, hay documentos que comprueban que la embarcación se utilizó para ceremonias y celebraciones dinásticas. En 1869, la administración de la Casa Real, que estaba pensando en enviar el Bucintoro a Venecia, lo dona a la ciudad de Turín: el 2 de abril de 1873, por resolución de la municipalidad, se decide colocarlo en el Museo Civico donde permaneció hasta tiempos recientes.

 

(Alessandra Castellani Torta / Giorgio Marinello / puntodincontro)