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16 novembre 2011. - Jorge Coulon, il leader del gruppo, lo ricorda con un sorriso, quasi en passant: "In Italia, negli anni Settanta, abbiamo venduto più dischi dei Pink Floyd". E gli Inti-Illimani, davvero, sono stati la bandiera di una generazione. L'amore per la loro musica ha accumunato padri e figli, fratelli maggiori e minori. Le parole della loro canzone simbolo emozionano ancora chi ha vissuto - magari indirettamente, da osservatore appassionato - la lotta per la libertà di un popolo oppresso. Ma loro non vogliono essere una sorta di figurina sbiadita nell'album di famiglia della sinistra, una band quasi da museo: sono artisti che girano il mondo, che hanno voglia di suonare, di confrontarsi col pubblico. Anche adesso: un po' come dei Buena Vista Social Club in salsa cilena.

La novità è che adesso, a celebrare la loro avventura, arriva un docufilm girato da due registi italiani, Francesco Cordio e Paolo Pagnoncelli: si chiama Inti-Illimani - Dove cantano le nuvole, e uscirà - il 25 novembre - in alcune delle 260 sale italiane associate al circuito indipendente (cineclub, circoli, associazioni). L'anteprima, oggi pomeriggio, alla Casa del cinema di Roma: settantanove minuti di musica, parole e politica, in cui lo storico gruppo - a cominciare dal leader Jorge Coulon - si racconta in prima persona. Rievocando le battaglie del passato, ma anche sottolineando la loro capacità di rinnovarsi. Un viaggio, il loro, che si chiude con l'incontro con Daniele Silvestri in veste di musicista-fan, culminato in un concerto-evento. "Difficile - spiega il cantautore italiano - dire il perché nel 2001 abbia sentito il bisogno di 'rubare' alcune delle loro note più belle per costruire la base di quello che sarebbe diventato uno dei miei pezzi più importanti, Il mio nemico. Ma la loro è la storia di un sogno nato per indicare una strada, recuperare un'identità e dare una speranza".

 

El pueblo unido, con Daniele Silvestri.

 

Una storia drammatica, appassionante. È vera, ma sembra un film. Il gruppo, che si forma all'Università di Santiago del Cile nel 1967, si trova in tour proprio in Italia, nell'ambito di una serie di scambi tra l'Europa e il paese democratico guidato da Salvador Allende, quando, l'11 settembre 1973, il golpe militare di Augusto Pinochet instaura la più feroce dittatura militare dell'America Latina. "Eravamo in visita alla Cupola di San Pietro, quando abbiamo saputo la notizia". La band, qui da noi, ottiene asilo politico, viene di fatto "adottata" dal Pci e in quegli anni - in concerti di piazza memorabili, a Feste dell'Unità con partecipazioni oceaniche e in altre occasioni - tiene alta l'attenzione sulla tregedia del Cile. Il loro brano più celebre, El pueblo unido jamas serà vencido, diventa un inno di libertà, un canto universale. Poi però, con l'arrivo del decennio reaganiano, la loro fama si appanna. Fino al ritorno in Cile: è il 1988, e a sorpresa un referendum dice no a Pinochet. Il film fa vedere le immagini, emozionanti, del loro arrivo in patria: all'aeroporto c'erano 50 mila persone, a cantare il loro brano Vuelvo.

Ma la storia del gruppo non finisce qui. Alcuni membri lasciano, altri, giovanissimi, entrano. Si cercano nuove strade musicali, più sperimentali, anche se sempre nel solco della musica popolare andina. C'è stata perfino una scissione, tra un gruppo "storico" e uno "nuovo". La pellicola, però, di questo non parla. Si concentra sui "nuovi", sempre con Jorge Coulon: "Il nostro progetto non finirà mai - dice nel film - pure fra trent'anni: io non ci sarò, ma l'idea Inti-Illimani resterà. Perché tutto vogliamo, tranne che essere una bandiera, uno stendardo: vogliamo essere un gruppo che vive la nostra musica". E infatti uno dei componenti aggregati negli ultimi anni, a un certo punto, si lamenta: "Dovunque andiamo nel mondo ci conoscono, ma ci chiedono sempre e solo El pueblo unido...".

 

(repubblica.it / puntodincontro)

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16 de noviembre de 2011. - Jorge Coulon, líder del grupo, recuerda con una sonrisa, casi de pasada: "En Italia, en los años setenta, vendimos más discos que Pink Floyd". Y los Inti-Illimani, en realidad, fueron la bandera de una generación. El amor por su música acercó padres e hijos, hermanos mayores y menores. Las palabras de su canción más simbólica provocan todavía emociones profundas entre quienes vivieron - tal vez indirectamente, como agudos observadores - la lucha por la libertad de un pueblo oprimido. Pero ellos no quieren ser una especie de figura débil y descolorida en el álbum de familia de la izquierda, una banda casi para un museo: son artistas que viajan por el mundo, que quieren tocar, convivir con el público. Incluso ahora, un poco como el "Buena Vista Social Club" en versión chilena.

La novedad es que ahora, para celebrar su aventura, llega un documental dirigido por dos italianos Paolo Pagnoncelli y Francesco Cordio: se llama Inti-Illimani - Donde las nubes cantan y se estrenará - el próximo 25 de noviembre - en algunas de las 260 salas italianas asociadas con el circuito independiente (cine club, clubes, asociaciones). La premier fue hoy en la Casa del Cine de Roma: setenta y nueve minutos de música, letras y política, durante los cuales el histórico grupo - comenzando por su líder Jorge Coulon - cuenta su vida en primera persona. Recordando las batallas del pasado, pero también haciendo hincapié en su capacidad de renovarse. Un viaje que termina con una reunión con Daniele Silvestri en el papel de un músico-fan, que culmina en un concierto. "Es difícil - explica el cantautor italiano - explicar por qué, en 2001, sentí la necesidad de "robar "algunas de sus notas más bellas para construir las bases de lo que sería uno de mis éxitos más importantes: "Il mio nemico". Pero la de ellos es la historia de un sueño nacido para indicar un camino, recuperar la identidad y dar esperanza".

 

(repubblica.it / puntodincontro)