Messner e il Duca degli Abruzzi
Un libro del "re degli Ottomila" su Luigi Amedeo, suo "nume tutelare". Dal Saint Elias al Polo, dal fallimento sulla cima del Karakorum al "Mal d'Africa" degli ultimi anni.

 

8 ottobre 2009. - Con casa Savoia non andava d'accordo. Sulla tomba a Jawhar, in Somalia - allora si chiamava Villaggio Duca degli Abruzzi o più brevemente Villabruzzi, oggi è devastato dalla guerriglia - una scritta beffeggiava le madame reali. In occasione del suo funerale non partì per l'Africa, nessun parente. Comprensibile, la poca simpatia fra Luigi Amedeo Giuseppe Maria Ferdinando Francesco di Savoia, Duca degli Abruzzi, e il resto della casata. Tra gli scherzi che gli fece suo cugino, il re Vittorio Emanuele II, ci fu il rifiuto di acconsentire alle nozze con Katherine Elkins, figlia di un ricchissimo e molto chiacchierato senatore americano.

Ma più che la sua condizione di borghese, sembra abbiano avuto maggior peso nella decisione i tracolli in borsa del padre della fidanzata, Davis Elkins, e quindi il sospetto che non fosse un così grande affare, per le esauste casse reali, un matrimonio già così chiacchierato.

Gossip, rumors che trovano poco spazio nel grande volume illustrato - a giorni in libreria - che Reinhold Messner dedica all'alpinista ed esploratore italiano nato nel 1873 e morto sessant'anni più tardi. In quasi trecento pagine si raccontano soprattutto le sue imprese, dalle ascensioni sulle Alpi alla prima sul Saint Elias in Alaska, nel 1897, dalla corsa verso il Polo Nord con la Stella Polare, nel 1899-1900, dalla salita sul Ruwenzori, nel 1906, al tentativo sul K2, nel 1909 - cent'anni fa, dunque - per finire con il "mal d'Africa", l'esplorazione delle sorgenti dello Uebi Scebeli, nel 1928.

Un personaggio complesso di cui si sono occupati, a parte gli agiografi dell'epoca, di volta in volta storici ed esperti di alpinismo, mai però con la completezza di documentazione delle quasi trecento pagine di "Il Duca dell'avventura. Le grandi esplorazioni di Luigi Amedeo di Savoia Duca degli Abruzzi" (Mondadori, 39 euro). Merito anche della ricerca di Roberto Mantovani, che assieme a Messner firma i testi e ha raccolto una marea di foto, pagine di diario, cartoline, giornali dell'epoca che vanno a formare la più copiosa collezione iconografica finora mostrata sull'argomento.

È modernissimo e tradizionale a un tempo, l'approccio alla montagna del Duca, in un'epoca in cui le spedizioni extraeuropee sono ancora esotismi riservati a pochi visionari.

Si circonda delle migliori guide alpine dell'epoca, viaggio dopo viaggio sceglie compagni fidati, primi fra tutti il comandante Umberto Cagni, il medico biologo Filippo De Filippi e soprattutto il fotografo (e alpinista eccellente) Vittorio Sella.

E cura personalmente l'equipaggiamento, confrontandosi con i colleghi inglesi e, per il tentativo al Polo, con il leggendario Nansen. Ciò non toglie che Luigi Amedeo, nella sua ansia d'avventura, abbia fatto talvolta troppo affidamento sulle sue capacità.

E finalmente il libro mette in chiaro che la spedizione al K2 del 1909 è stata sopravvalutata dai cantori dell'"italianità" della seconda vetta del mondo.

Il Duca e i suoi compagni - che pure centrarono un primato di altitudine, ma sul vicino e più facile Chogolisa - sul K2 non superarono la quota che era già stata raggiunta sette anni prima dall'agguerrita spedizione di Eckenstein e Crowley (sì, l'"anticristo" dell'Abbazia di Thelema, che in gioventù era stato un ottimo alpinista).

Una lettura da non perdere, obiettiva e affascinante, per sapere tutto su un protagonista dell'alpinismo e dell'esplorazione la cui conoscenza è spesso solo orecchiata, che lo stesso Messner mette fra i suoi numi tutelari, collegando ogni impresa del Duca alle sue, sconfitte comprese.

 

(La Repubblica - Un racconto affascinante e obiettivo di LEONARDO BIZZARO)