L'avventurosa storia della rivoluzione messicana
Verrà presentato giovedì, 29 marzo, alle ore 18.00, presso il Salone degli Specchi dell'Istituto Italo-Latinoamericano a Roma, il libro di Emanuele Bettini sulla rivoluzione in Messico.

ROMA, 27 marzo 2007. - Verrà presentato giovedì, 29 marzo, alle ore 18.00, presso il Salone degli Specchi dell'Istituto Italo-Latinoamericano a Roma, il libro di Emanuele Bettini "La Revolución. L’avventurosa storia della rivoluzione messicana" (Hobby&Work, pp.270, euro 15).

Saranno presenti, accanto all’autore, che è tra l’altro ricercatore, storico e segretario generale del Pen Club Italia, il Vice Ministro agli Affari Esteri, Franco Danieli, lo scrittore e presidente dell’Authority per le Comunicazioni, Corrado Calabrò, e Antonio Masia, scrittore e responsabile del Pen Club Italia per Roma e il Lazio.

Ci sono due tipi di rivoluzioni: quella degli uomini che la fanno e quella della gente che la subisce. Ci sono, poi, due memorie: quella degli storici e quella dei protagonisti.

Nel volume di Bettini, ricco di documentazione, si ridanno voce e respiro alle carte, ai personaggi e ai testimoni di una storia, quella della rivoluzione che infiammò il Messico dal 1910 al 1935, generalmente conosciuta come la prima rivoluzione proletaria per eccellenza, nella quale nessuno ha le mani pulite. Non gli statunitensi, non i presidenti messicani, non i rivoluzionari in senso lato o stretto.

È l’epopea di un Paese spaccato, di confini in movimento, bande armate, interessi coloniali e afflati rivoluzionari. L’abbiamo vista al cinema, l’abbiamo letta nei fumetti: i treni blindati che sferragliano, le sierras polverose e abitate da bandidos e cactus, i pistoleros e gli sceriffi. E poi loro, Pancho Villa e Emiliano Zapata. Al di là del mito, oltre della retorica, cosa fu e chi partecipò alla prima lotta di liberazione terzomondista? Si possono criticare le gesta delle due icone rivoluzionarie messicane?

Nelle pagine de "La Revolución", Bettini, profondo conoscitore della realtà messicana, scava in profondità, getta luce nelle numerose zone d’ombra, dà voce a testimonianze sinora sottovalutate o trascurate e ricostruisce, analizzando lo scenario generale, il rapporto di odio e amore tra gli Stati Uniti e il Messico.

Da una parte, ad esempio, Pancho Villa che prende soldi da potenze straniere e che massacra cittadini del nord America, dall’altra il governo statunitense che ha sempre condizionato la storia del Messico. "Arbitri della situazione", dice l’autore, "furono gli Usa, che gestirono la vita di milioni di persone come pedine prive di valore in un’area in cui la sopravvivenza era legata al solo possesso di una pistola".

 

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