E’ stato
il lupo mannaro

«È bella la luce della luna.
Però quando è piena mi sento sempre un po’ strana»

Mi appoggiai allo schienale, lasciando scorrere i pensieri. Solo in quel momento mi resi conto che nel silenzio si sentiva il battito di un orologio a pendola. Guardavo il fumo che usciva dalla mia bocca e saliva lento verso le travi nere del soffitto, pensando a quante cose avevano visto quei mobili e quelle pareti. Mi lasciai andare a qualche fantasia su Camilla. Un po' mi conoscevo, ci potevo mettere pochissimo a innamorarmi. Immaginai di baciare la bella dottoressa, l'abbracciai, cominciai a spogliarla. Ero già al reggiseno... quando vidi la maniglia della porta piccola che si abbassava. Drizzai il collo per guardare meglio. La porta si aprì, lentamente, e si affacciò una donna con la testa fasciata da un grande fazzoletto verde scuro, gonfio di capelli. Mi alzai in piedi.

«Ho accompagnato la dottoressa... Era rimasta ferma con la macchina e...».

La donna non mi guardava. Fissava un punto alle mie spalle, con lo sguardo serio. Non riuscivo a capire quanti anni avesse. Poteva averne venti come quaranta. Di sicuro non era una bambina, e nemmeno una vecchia. S'infilò nella stanza e chiuse la porta. Fece qualche passetto e si lasciò andare sopra una poltrona con un sospiro. Aveva le braccia fasciate fino al gomito con garze pulite, e sul bianco spiccava qualche piccola macchia di sangue.

«Mi chiamo Emilio» dissi. Lei non si mosse. Era come se io non ci fossi. Mi rimisi a sedere e continuai a guardarla. Aveva ai piedi delle pantofole nere. Adesso fissava il pavimento con aria assente. Anche lei doveva avere qualche tara mentale, come la bella ragazzina di Fontenera, ma nei suoi occhi brillava una luce a suo modo intelligente. Appoggiò le mani sui braccioli e fece una specie di sorriso. La sua testa prese ad oscillare lentamente, come un lunghissimo no.

«Non è stato Buch...» sussurrò. Non parlava con me, non mi guardava nemmeno.

«Come dice?».

«...è stato il lupo mannaro...» continuò lei, ignorandomi. Sentii un brivido sulla testa, e subito mi detti dell'idiota. Erano solo due parole... lupo mannaro... Certamente quella poveretta non aveva le rotelle a posto.

«Chi è Buch?» dissi, anche per tranquillizzarmi. Lei smise di sorridere, e per la prima volta mi guardò dritto negli occhi.

«Buch è buono buono buono buono».

«Sta parlando di un cane?».

«È stato il lupo mannaro» disse di nuovo, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Sentii un altro brivido sulla testa. Non ci potevo fare niente, quelle due parole mi facevano effetto. Lei continuava a fissarmi, ma poco a poco il suo sguardo diventò opaco, come se non mi vedesse più. Mi sforzai di sorridere.

«Ha visto qualche grossa bestia qua intorno?». Speravo di strapparle una parola in più, ma in quel momento si sentirono dei passi in corridoio e lei si alzò in piedi, impaurita. Un attimo dopo la porta si aprì. Appena la vecchia vide la povera demente cambiò faccia, e sbatté la punta del bastone sul pavimento.

«Ti avevo detto di stare in camera tua» disse tra i denti, autoritaria. La matta borbottò qualcosa con rabbia e se ne andò quasi correndo, richiudendosi dietro la porta con un tonfo. Senza farsi vedere, Camilla mi fece un gesto per dire che mi avrebbe spiegato dopo. Uscimmo tutti e tre dalla sala, senza una parola. Il bastone che batteva per terra scandiva i nostri passi. La vecchia uscì con noi sull'aia e dette un'occhiata al cielo. Camilla le porse la mano.

«Arrivederci, signora».

«Buonanotte» fece la vecchia, senza stringerle la mano.

«Buonanotte» dissi io. Montammo in macchina e misi in moto.

«Una casa piena di sorprese» sussurrai, facendo manovra. La vecchia era ancora là, appoggiata al suo bastone. Prima di partire la salutammo con la mano, sapendo che non avrebbe risposto.

Tornammo sulla provinciale e su indicazione della dottoressa andai verso Fontenera. Erano quasi le undici.

«È bella la luce della luna...» disse lei, guardando la campagna.

«Bellissima».

«Però quando è piena mi sento sempre un po' strana».

«Per caso le crescono anche dei lunghi peli neri sulle orecchie?».

«Anche sulle gambe, se è per quello...». Le immaginai, quelle gambe, e anche tutto il resto. Ma la mia faccia rimase di pietra.

«Chi è quella donna che era con me nel salotto?» chiesi.

«Si chiama Rachele, è la nipote della signora. È un po' disturbata».

«L'avevo capito».

«Anche se a momenti sembra avere degli attimi di lucidità» precisò Camilla.

«È così dalla nascita?».

«Sua nonna dice di sì».

«Come mai aveva le braccia fasciate?».

«L'ho sempre vista in quel modo, pare che sia il gatto. Rachele lo tormenta e lui la graffia sulle braccia. La signora Rondanini ha sempre detto così».

«E cosa gli fa a questo gatto?».

«Non saprei. Ma a dire il vero credo che siano tentativi di suicidio».

«È sempre bello sapere certe cose. Dove abita?».

«A Montesevero. Sa dov'è?».

«Certo. A casa c'è qualcuno che l'aspetta?» azzardai, approfittando del fatto che le stavo facendo da autista. Non poteva trattarmi male.

«In questo momento no» disse lei, ma non aveva risposto volentieri. Passammo davanti alla sua macchina, e lei la salutò con la mano. Pensai ai cavi per la batteria che avevo nel baule e mi sentii uno stronzo. Ma non me ne pentivo. Volevo conoscere meglio quella bella dottoressa trovata in mezzo alla strada.

«Domani mattina se vuole posso cercare dei cavi per la batteria».

«Non si disturbi, chiamo l'elettrauto».

«Nessun disturbo...».

«Me l'avevano detto che la batteria era da cambiare, sono già rimasta ferma una volta».

«Lo sa che ogni tanto si devono anche controllare olio e acqua?».

«Poi mi chiederà delle pastiglie dei freni e delle candele?».

«Sa cosa sono?» dissi al culmine della meraviglia.

«Non ci sono più le donne di una volta» sospirò lei.

«Poco ma sicuro».

«Rifletterò su questa sua affermazione». Continuavamo a giocare. Un chilometro prima del bivio per casa mia le proposi un bicchiere di vino e due chiacchiere davanti al fuoco.

«Grazie, ma sono un po' stanca».

Sapevo già che mi sarei addormentato cercando di interpretare i suoi rifiuti, analizzando ogni possibilità.

«Conosce la grande villa con la meridiana qua sopra?» dissi, anche per dissimulare la mia delusione. Lei mi guardò con aria stupita.

«Che coincidenza» disse.

«Quale coincidenza?».

«La proprietaria della villa è la signora anziana che ha visto stasera».

(Continua)

 

(La Stampa.it)