Gli italiani non vogliono
studiare le lingue

Secondo la ricerca il 78% della popolazione non ha intenzione di apprendere
un altro idioma. La formazione scolastica ritenuta del tutto insufficiente

ROMA, 23 novembre 2006. - Contraddittorio, quasi schizofrenico. Questo l'atteggiamento della popolazione italiana nei confronti delle lingue straniere. Un dato che traspare chiaramente dalla ricerca condotta da Letitfly, organismo che si occupa delle ricerche sulla formazione linguistica degli italiani per conto del ministero del Lavoro, e dal Censis. Secondo quanto emerso infatti, seppure il 97,7% della popolazione e il 96% delle imprese ritenga molto utile la conoscenza delle lingue straniere, il 78,1% degli italiani non ha "alcuna intenzione di apprenderne una nuova" e il 95,4% delle aziende non intende organizzare corsi di formazione.

Che vuol dire che in Italia esiste un clima che si può definire di scarso multilinguismo, visto che il 66,2% di chi afferma di possedere una qualche competenza linguistica valuta le proprie abilità scarse nel 50% dei casi e appena sufficienti nel 19%. Del resto quando viene chiesto a cosa serva la lingua straniera, risulta che il principale utilizzo è rappresentato dai viaggi (59,6%), seguito dalle comunicazioni con familiari, amici e conoscenti (38,9%), dalla lettura di libri (30,9%), dalla navigazione in internet (29,3%), dalla visione di film e programmi tv (28,65). Solo una minoranza ne fa uso in ambito lavorativo (35,5%) perché il 60,7% di coloro quelli che lavorano non ha mai avuto modo di esercitare le proprie competenze linguistiche, soprattutto al Centro (66%) e al Sud (69,7%).

Dal rapporto emerge poi un dato sorprendente: gli unici a ritenere essenziale l'apprendimento di una lingua sono gli immigrati. Il 71% ha infatti intenzione di migliorare la conoscenza della nostra lingua. Ritenuta fondamentale nel percorso dell'integrazione sociale e lavorativa con più dell'80% che ha dichiarato inoltre che l'integrazione sarebbe più facile se gli italiani avessero dimestichezza con altre lingue.

Il campione degli intervistati stranieri parla 42 idiomi diversi, dimostrando una grande varietà di provenienza territoriale. Sorprende anche un altro dato: sembra infatti che la maggior parte degli stranieri residenti, pur ritenendo i corsi scolastici la migliore fonte di apprendimento, dichiara di aver imparato la nostra lingua dalla televisione. Altro elemento ritenuto importante è la possibilità per i figli di imparare l'italiano a scuola grazie a corsi di sostegno, cosa al momento ancora piuttosto rara.

La scuola poi diventa un banco di prova importante per il rapporto tra gli italiani e le istituzioni. Il 74% dei cittadini infatti ritiene che l'offerta formativa dovrebbe ricadere sullo Stato, attribuendo però alla "conoscenza scolastica" un'accezione decisamente negativa. Il 40% infatti definisce scarsa la formazione linguistica fornita dalla scuola, gravemente insufficiente per il 15%.

Il quadro che si ricava dallo studio è quello di una lenta e, si potrebbe dire timida spinta all'innovazione. Dove il ruolo principale è giocato dalle scuole private, mentre molto spesso, per altri contesti, la spinta all'innovazione è lasciata all'iniziativa dei singoli. L'impressione generale secondo le conclusioni di Letitfly e Censis è che lo sforzo dei pochi si scontri contro un atteggiamento generale di segno negativo. Il suggerimento è quello di predisporre per i prossimi anni una serie di misure che migliorino la qualità dell'insegnamento scolastico, cercando di creare un ambiente che faciliti l'apprendimento linguistico, soprattutto a livello extrascolastico e professionale.

 

Da Repubblica.it