Enzo Ferrari
simbolo, mito e leggenda

In cerca di lavoro, Enzo tentò presso la Fiat ottenendo un rifiuto.

 

Enzo Ferrari.22 agosto 2007. - C'era una volta in quel di Modena, un ragazzo di nome Enzo Anselmo Ferrari che papà Alfredo portò, all'eta di 10 anni, ad una corsa di auto in Bologna.

Fu quella la scintilla che generò la brama di divenire pilota di auto da corsa.

Di educazione scolastica alquanto approssimata —che col tempo rimpiangerà— la sua gioventù fu "toccata" dalla morte del padre e a breve distanza, del fratello Alfredo, seguita dalla Guerra mondiale durante la quale ferrò i muli per gli alpini sino a quando una grave influenza, di portata mondiale, lo costrinse a tornare a casa.In cerca di lavoro, Enzo tentò presso la Fiat ottenendo un rifiuto, tuttavia la sua "stella" lo sistemò in una piccola impresa meccanica, la CMN che aprì la via al giovane aspirante. Tuttavia la sua carriera ebbe inizio nel 1910, con scarso successo.

Nel 1920 iniziò a gareggiare con l'Alfa Romeo, che all'epoca era un club per "gentlemen driver". Correndo a Ravenna, nel 1923, la contessa Paolina Biancoli, madre di Francesco Baracca, gli consegnò il simbolo che il leggendario aviatore portava sulla carlinga: un cavallino rampante. Solo nel 1932 questo simbolo apparirà sulla carrozzeria delle sue vetture.

Intanto nel 1924 Enzo Ferrari registrava la sua più grande vittoria nella Coppa Acerbo di Pescara.

Consentiteci una breve parentesi. Il barone Giacomo Acerbo, Ministro dell'Agricoltura, agli inizi degli anni 30, amico di mio padre Francesco, venne a Giulianova con un treno speciale quale padrino di cresima del cronista.

 

MONACO: IL PRIMO G.P.

La Ferrari, così come la conosciamo oggi, venne fondata nel 1947, e la prima gara fu il Gran Premio di Monaco nel 1947 (non esisteva ancora la F.1 che nacque nel 1950).

Note scheletriche, queste che parlano dell'avvento di un Mito nel mondo automobilistico, scomparso 19 anni fa, alla vigilia del Ferragosto. La notizia della sua morte, all'età di 90 anni, seguendo le sue volontà, fu data solo dopo la sua sepoltura. Poco meno di un mese dopo, al G.P.d'Italia a Monza, Gerhard Berger e Michele Alboretto, con le due Ferrari si piazzavano al primo e secondo posto, dedicando la vittoria alla memoria del Drake.

Alla domanda: Perchè portasse gli occhiali affrumicati il Grande Enzo rispondeva soltanto con un fiacco sorriso. In effetti Ferrari portava gli occhiali da sole per onorare la memoria del figlio Alfredo (Dino) deceduto in seguito a distrofia muscolare.

"Pluri decorato" col titolo di Cavaliere e Commendatore negli anni '20 Enzo,che si fregiava anche di Lauree ad Honorem (Hammarskjold 1962) (Columbus Prize 1965) e (De Gasperi Award 1987) oltre ad appartenere alla famosa International Motorsport Hall of Fame.

L'uso dell'inchiostro violetto per le sue corrispondenze è un particolare che nessuno è mai riuscito a conoscerne la ragione.

 

FERRARI MITO E LEGGENDA

Le parole scritte su questo mito sono innumerevoli. Parole che suonano consuntivo di una vita di successi osannanti e di amarezze .

Ferrari è un mito,una leggenda, una tradizione. Ferrari è simbolo d'Italia, amor d'Italia, è fede. Ferrari è entusiasmo è numero di vittorie. Tante .

Questo inimitabile personaggio irripetibile, racchiude in se l'essenza moderna del concetto di velocità e di competizione: il suo mito e le sue creazioni sono già storia, pur restando attualità.

Le parole scritte su di lui sono innumerevoli. Parole che suonano consuntivo di una vita di successi osannanti e di amarezze più o meno nascoste.

E Ferrari nel suo libro "Ferrari 80" si esprime così: "Questa è stata la mia vita,che non esito a definire un ansimante cammino. Infinite volte, dall'età dell'adolescenza, mi son guardato allo specchio chiedendomi chi fossi, che cosa fossi venuto a fare al mondo,con un acuto tormento. Qualcuno mi ha definito un uomo che conosce l'umanità del peccato e la crudeltà del vivere. Aggiungerei che so misurarmi nella dimensione di questo mondo in cui siamo costretti a vivere, prigionieri della illusione del successo. Ho superato ormai la cima del monte, con animo disteso, e spero di poter continuare il mio lavoro fino all'ultimo giorno. Nel mio lavoro, ascoltando la voce armoniosa della materia plasmata,quasi un germoglio di vita, mi sono avvicinato al mistero dell'anima, ma non sono mai riuscito a scoprire la mia. Sono tranquillo, anche se non sereno, anche se così terribilmente imperfett o. Non mi sono mai pentito. Rammaricato spesso, pentito mai, perchè ripeterei le stesse azioni,comportandomi però in modo completamente diverso. L'egoismo domina e ci isola. Ci induce spesso a considerare il prossimo per il male che potrebbe farci piuttosto che per il bene che ne potremmo ricevere".

Credo, prosegue Ferrari, "che se mi fosse offerto di ricominciare il cammino percorso non accetterei. Non credo, perchè mi dispiacerebbe tornare in un mondo nel quale la forza va sostituendosi alla ragione... Io mi sento solo, dopo tanti avvenimenti, e quasi colpevole di essere sopravvissuto. A volte penso che il dolore non sia altro che un esasperato attaccamento alla vita di fronte alla allucinante fragilità dell'esistenza".

Parole che suonano consuntivo di una vita di successi osannanti, sublimate nel titolo: "Le glorie terribili" del Drake, il quale, a chi gli chiedeva quale sia stata la vittoria più importante di una delle sue vetture, rispondeva sempre: "la vittoria più importante sarà la prossima".

Forse dall'aldilà il Cittadino di Maranello, sempre con gli occhiali da sole, amiccherà laggiù verso la Sua fabbrica che il mondo gli invidia nonostante tutto, e sospirerà: "Eppure era tanto bella!"

 

(News ITALIA PRESS)