Le alpi si restringono e si accorciano

I cambiamenti climatici hanno potenziato l'erosione dei corsi fluviali.
I monti diventeranno colline?

WASHINGTON, 18 agosto 2006.  – «Aiuto, mi si stanno restringendo le Alpi!», potrebbero invocare a buon diritto gli appassionati della montagna, dopo aver ascoltato le tesi del professor Sean Willett, apprezzato geologo dell’università di Washington. Proprio così: la base su cui poggia la catena si è ridotta di un centinaio di chilometri e le maggiori vette si sono accorciate fino a mille metri, in media. Tutto negli ultimi sei milioni di anni. Con l’aggravante che, in futuro, il tasso di restringimento potrebbe accelerare, riducendo le maestose cime alpine (oggi il Monte Bianco svetta fino a 4800 metri) a insignificanti montagnole. Battute a parte, le conclusioni del professor Willet derivano da un minuzioso studio sul campo, frutto di lunghe esplorazioni e campionamenti fra picchi e valli alpine, ora pubblicato sulla rivista scientifica internazionale «Geology» (Agosto 2006, pagine 613-616), con la collaborazione dei ricercatori Fritz Schlunegger dell’università di Berna e Vincenzo Picotti dell’università di Bologna. Che l’orogenesi (il processo di ripiegamento e innalzamento della crosta terrestre) delle Alpi avesse raggiunto un massimo alcuni milioni di anni fa e poi avesse rallentato, lasciando prevalere l’erosione e la tendenza al livellamento verso il basso, era noto da tempo. Ma ora le ricerche di Willet e collaboratori indicano quali responsabili del declino delle Alpi sia gli eventi geologici sia i cambiamenti climatici, precisando anche i tassi di riduzione della catena.

UNA LUNGA STORIA -I guai per le Alpi, spiega Willet, cominciarono circa sei milioni di anni fa, durante un periodo chiamato dai geologi «Messiniano», quando il sollevamento dello Stretto di Gibilterra isolò il Mediterraneo dall’Atlantico, trasformandolo in un bacino evaporitico, una specie di grande lago caratterizzato da una massiccia evaporazione e dall'abbassamento del livello delle acque. Di conseguenza, i fiumi accentuavano la loro pendenza e la forza erosiva per l’aumento del dislivello tra la sorgente a monte e lo sbocco a mare. A questi fenomeni seguì un lungo periodo caldo umido, caratterizzato da intense precipitazioni, che causarono un aumento delle portate fluviali e del trasporto di materiale da monte a valle. Si valuta che in poche migliaia di anni la forza erosiva dei corsi d’acqua sia cresciuta dieci volte, contribuendo così allo smantellamento sistematico delle Alpi. L’indagine di Willet e collaboratori sulle grandi faglie che solcano le Alpi e la Pianura Padana ha rivelato pure che l’accresciuta azione erosiva dei corsi d’acqua alpini coincideva con l’esaurimento della spinta al sollevamento della catena: insomma, iniziava il declino irreversibile delle montagne che coronano l’Italia. E infatti si è potuto calcolare che, alla sua base, la catena si sia ristretta da un minimo di 100 a un massimo di 200 chilometri, mentre le cime si sono accorciate da un minimo di 300 a un massimo di 1500 metri.

MILANO SULLE CIME - Può sembrare incredibile: l’area oggi occupata dalla città di Milano era una montagna, poi completamente smantellata dall’erosione fluviale e oggi ridotta a pianura. Da un punto di vista geologico l’isolamento del Mediterraneo dall’Atlantico fu di breve durata: circa 200 mila anni, dopo di che l’acqua del nostro bacino ritornò più o meno ai livelli iniziali. Ci si poteva aspettare un arresto del fenomeno erosivo, tuttavia il declino delle Alpi è continuato. Secondo Willet ciò è dovuto al fatto che le condizioni di clima caldo umido e piovoso furono prevalenti per tre milioni di anni, sostenendo il regime erosivo dei corsi d’acqua, che solo in seguito conobbe un rallentamento per l’instaurarsi di un clima freddo e l’avanzare dei ghiacci. Ma con il cambiamento climatico in atto, la ripresa delle condizioni di clima caldo umido e piovoso e lo scioglimento dei ghiacci, per le Alpi potrebbe arrivare il colpo di grazia.

 

Da Corriere.it

Franco Foresta Martin