L'Italia da Paese di emigrazione a Paese di immigrazione
50 anni di storia italiana e le trasformazioni dal punto di vista sociologico.

14 giugno 2007. - "Da Paese di emigrazione a Paese di immigrazione, 50 anni di storia italiana" è questo il titolo della conferenza organizzata dall'Istituto Italiano di Cultura di Berlino per il prossimo 21 giugno.

Interverranno: Lucia Annunziata, editorialista de La Stampa, conduttrice su Raitre del programma di informazione In 1/2 h, e Chiara Saraceno, sociologa.Moderatore, Angelo Bolaffi, Direttore dell'Istituto Italiano di Cultura.

L' Italia è stata dall'800 in poi un classico Paese d'emigrazione. Milioni di italiani cercarono una vita migliore negli Stati Uniti o in Sudamerica. Dagli anni del secondo dopoguerra molti sono emigrati in Germania, "costituendo qui una forte comunità italiana" spiegano dall'Istituto. Dagli anni '80 il quadro è cambiato. Sempre più africani, europei dell'est e asiatici cercano lavoro nella penisola. Per gli italiani questa è una rivoluzione che mette in dubbio un'immagine di sé radicata.

A questo proposito discutono all'Istituto Italiano di Cultura la sociologa Chiara Saraceno che focalizzerà le trasformazioni dal punto di vista sociologico e in particolare il ruolo della famiglia in Italia e la giornalista Lucia Annunziata che si concentrerà maggiormente sugli aspetti politici di questo fenomeno.

La manifestazione è il primo appuntamento della nuova serie "Vi raccontiamo l'Italia", nella quale intellettuali, scrittori, scienziati e artisti discutono la realtà dell'Italia d'oggi: contraddizioni, novità, problemi. "Al confronto di modi di vedere stereotipati e vecchi pregiudizi vogliamo presentare un'immagine diversa, nuova, inaspettata e sorprendente del Bel Paese".

"Lo scopo di tale incontro sarà quello di mettere a confronto l'Italia dell'emigrazione degli anni '50 e '60, con le relative implicazioni socio-economiche, e l'Italia di oggi che è diventata anch'essa un Paese di immigrazione - dichiara Georg Gehlhoff dell' Istitituto di Cultura di Berlino - Mostreremo così al popolo tedesco le problematiche che l'Italia sta affrontando nel gestire l'immigrazione proveniente dai Paesi dell'Est Europeo e quelli propriamente extracomunitari, che ricordano molto quelle che la Germania ha dovuto fronteggiare nel secondo dopoguerra con la massiccia emigrazione italiana".

Ad analizzare in maniera approfondita tale questione è stato il Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes, che al Goeth Institut di Milano, durante il convegno "Da Immigrato a Cittadino" , ha esposto i dati relativi alle interviste rilasciate dai leader di associazioni, consiglieri aggiunti, sull'attuale stato sociale dell'immigrazione in Italia, dando un quadro approssimativo ma comunque rilevante. Dai dati risulta che più del 70% vive in Italia da più di 10 anni, la maggior parte dei quali non ha con sé in Italia il partner e il 59% non ha figli, il che attesta che, specialmente in considerazione del lavoro che si svolge e delle relative condizioni di vita e reddituali, non è stata ancora del tutto raggiunta la fase più stabile dell'inserimento. Questo in parte spiegato anche dalla problematica delle abitazioni, in quanto i proprietari sono quasi tutti titolari di un mutuo e gli affittuari non riescono a sostenere il caro affitti.

La conoscenza della lingua italiana viene ritenuta buona dal 70% di essi, che usa poco la lingua madre persino in famiglia, tuttavia i loro figli, in più della metà dei casi, o spesso o qualche volta hanno difficoltà a seguire la scuola italiana, ritenendo così la scuola italiana non è ancora adeguata al nuovo contesto multiculturale.L'atteggiamento prevalente degli immigrati fa perno sulla richiesta di una partecipazione alla pari, possiede la cittadinanza o comunque aspira ad ottenerla, nonostante i notevoli ostacoli burocratici che si incontrano. Il 54% dichiara che la cittadinanza consente di avere "tutti i diritti", così come la carta di soggiorno ha un significato importante per la vita di un immigrato, senza escludere la concessione del voto amministrativo che è un traguardo molto importante.

Il problema dell'immigrazione si basa proprio sul concetto di integrazione, sul quale spesso manca la convergenza tra immigrati e popolazione locale, come afferma Mauro Montanari Direttore del periodico italiano in Germania Corriere d'Italia e membro del Consiglio Generale degli Italiani all'estero. "Se per intergrazione noi intendiamo una collaborazione delle diverse culture, che porti ad alla partecipazione attiva degli immigrati nella vita economica, culturale, sociale e politica del Paese, con un ravvicinamento reciproco che renda grande lo Stato che ospita diverse etnie, allora siamo molto lontani in Europa. Se invece per integrazione si intende quel processo che porta la minoranza a soccombere sotto le pressioni della maggioranza che impone una cultura, una lingua e uno stile di vita come predominante, allora si crea un conflitto all'interno della società.

Sulla base della mia esperienza in Germania, ho delle grandi difficoltà proprio a proporre un dialogo sul mondo in cui bisogna affrontare l'integrazione stessa. Invece - continua Montanari - le differenze che ci separano dagli altri se ben utilizzate, possono rappresentare un grande arricchimento. Per tale motivo occorrerebbe parlare di interazione più che di integrazione, che per definizione è reciproca e costruttiva: anche un modello scolastico basato sul bilinguismo forma persone più intelligenti e colpe perchè assorbiscono due culture ".

In tale quadro grande rilievo è attribuito all' UE che può esercitare un'influenza rilevante sulla politica migratoria italiana e degli altri Stati membri, ma secondo Montanari "l'Europa non sta andando verso l'integrazione propriamente intesa, in quanto è un insieme di Stati che vanno verso una struttura monoculturale, all'interno della quale si sono create delle realtà parallele che comunicano tra di loro solo tramite dei canali di servizio, per consuetudine ma non perchè vogliono realmente collaborare. In tutto questo l'Italia non ha imparato dalla sua esperienza, conserva una forte arroganza, perchè ripete gli stessi errori nei confronti degli immigrati extracomunitari o provenienti dall'Europa dell'Est senza prendere nulla dall'esperienza degli italiani nel mondo, dai loro progetti e da tutto ciò che hanno costruito all'estero".

Ma come agire per accrescere l'integrazione? Riconoscere l'immigrato al momento del suo arrivo come portatore di saperi e competenze che ha acquisito nel suo paese e provare ad accettare tutte le sue capacità in modo creativo, aperto , costruttivo e non deprofessionalizzandolo al fine a ridurlo a due braccia di lavoro da inserire nei settori dell'economia italiana, conclude il Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes . Punta così il dito sulla modifica della legge sulla cittadinanza e della cosiddetta "Bossi–Fini", sull'obbligo a rendere i titoli di soggiorno e decreto flussi più coerenti con una politica di integrazione, con un riconoscimento più rapido dei titoli di studio conseguiti all'estero, si deve superare la frammentarietà degli interventi e avviata una programmazione a livello nazionale.

 

(News ITALIA PRESS)