DUISBURG (Germania), 10 luglio 2006 - Quando Marcello Lippi fa il suo ingresso per l'ultima volta a Casa Azzurri, l'applauso è quasi liberatorio. Anche i giornalisti scaricano la loro adrenalina e il c.t. campione del Mondo stringe la mano a tutti. E' radioso, più affascinante del solito: camicia blu, pantalone impeccabile. Nella conferenza stampa più bella, ripercorre un mese di parole e fatti. Anche quegli attriti con la stampa: "Credo che in un rapporto di lavoro una persona deve dare tutto se stesso con i suoi pregi e i suoi difetti. Poi si entra in sintonia o meno. Io sono sempre stato così: sincero e mai artefatto. Perché nel lavoro ci si può mandare anche a quel paese, ma per questo non significa che non ci sia stima".

Ora è campione, roba da cambiarti la vita. Pericoloso perché appagante. Lippi invece non molla: "Arrivare in cima è bello, gratificante. Quando si arriva lì ti rendi conto di quanto sia difficile raggiungerlo ma allo stesso tempo di spinge a cercare nuove motivazioni. Questa è la vita. Io ho intenzione di fare ancora il mio lavoro. Domani incontrerò Abete". Racconta che Gattuso gli ha dato un paio di schiaffi: "Lui è così, lo fa per dimostrare la sua felicità ("se se ne va lo ammazzo", ha detto simpaticamente Rino dopo la vittoria, ndr)".

Quindi analizza il torneo: "In un Mondiale vince chi è forte tecnicamente o le squadre che hanno tutto quello che abbiamo dimostrato noi. Nella fase a gironi abbiamo avuto la coscienza che battendo i cechi si prospettavano ottavi e quarti di un certo tipo. Ho detti ai ragazzi di non lasciarsi sfuggire l'occasione: è stata la molla decisiva". Afferma che questa Nazionale può andare avanti ancora a lungo e fare bene ai prossimi Europei. "Ma - sottolinea riferendosi alle troppe partite disputate in una stagione - dovranno essere salvaguardati dai loro club". Ricorda i rigori di ieri sera: "Sono un fatto tecnico e psicologico. I ragazzi non hanno voltato le spalle, mi sono piaciuti. Questo è carattere".

Due volte campione del mondo, di club con la Juve e con la Nazionale: "La differenza è grandissima. Con il club hai un rapporto quotidiano, perché devi seguire un itinerario: prima lo scudetto poi la coppa dei Campioni. Con la Nazionale è diverso. Stai poco tempo con la squadra, devi creare il gruppo. Ma la sensazione che ti dà una vittoria come quella di Berlino non l'avevo mai provata. E' una cosa speciale". Poi sottolinea due volte: "Non abbiamo la sensazione di avere salvato un calcio malato. La cosa bella di questa vittoria dal punto di vista morale è che questi calciatori non avevano nulla da farsi perdonare.

Sono ragazzi seri. Loro hanno giocato per far vedere che il calcio italiano è di valore". Entra anche Fabio Cannavaro con la Coppa in mano. "Bella eh? - dice Lippi mentre la accarezza - non è quella vera, ma una copia, però è bella lo stesso". E adesso? "Non vi dico nulla, ma in ogni caso vorrei continuare ad avere nel mio prossimo lavoro un rapporto di complicità. Lo stesso che ho avuto con i miei straordinari ragazzi".