22 aprile 2013 -
In lacrime forse no, ma fortemente commosso
sì. È iniziato ieri —con un lungo discorso alle
Camere riunite in seduta congiunta a
Montecitorio— il nuovo settennato al
Quirinale di Giorgio Napolitano. La
rielezione a capo dello Stato «sottopone a
seria prova le mie forze», ha detto subito
Napolitano, ringraziando il Parlamento e
dicendo di apprezzare «in modo particolare
che mi sia venuto da tante e tanti nuovi
eletti che appartengono a una generazione
così distante, e non solo anagraficamente,
dalla mia».
Clicca sull'immagine per scaricare il PDF ad
alta definizione.
Napolitano però lo ammette: «Non prevedevo
di tornare in quest'aula», dice, ricordando
come già nello scorso dicembre avesse
dichiarato di condividere «la convinzione
che la non rielezione» fosse «l'alternativa
migliore». «Avevo egualmente messo l'accento
sull'esigenza di dare un segno di normalità
e continuità istituzionale con una naturale
successione nell'incarico di Capo dello
Stato».
Alla richiesta di riforme e di rinnovamento,
«non si sono date soluzioni soddisfacenti:
hanno finito per prevalere contrapposizioni,
lentezze, esitazioni circa le scelte da
compiere, calcoli di convenienza, tatticismi
e strumentalismi», ha detto Napolitano
bacchettando i partiti . Ecco «che cosa ha
condannato alla sterilità o ad esiti
minimalistici i confronti tra le forze
politiche e i dibattiti in Parlamento».E ha
continuato: «Questo applauso non abbia le
caratteristiche dell'autoindulgenza», ha
detto Napolitano «bacchettando» i
rappresentanti delle forze politiche che in
aula hanno più volte battuto le mani durante
il suo discorso. «Attenzione, quest'ultimo
richiamo che ho sentito di dover esprimere
non induca ad alcuna autoindulgenza, non
dico solo i corresponsabili del diffondersi
della corruzione nelle diverse sfere della
politica e dell'amministrazione, ma nemmeno
i responsabili di tanti nulla di fatto nel
campo delle riforme».
«Apprezzo l'impegno con cui» il M5s «ha
mostrato di volersi impegnare alla Camera e
al Senato, guadagnandovi il peso e
l'influenza che gli spetta: quella è la
strada di una feconda, anche se aspra,
dialettica democratica e non quella,
avventurosa e deviante, della
contrapposizione tra piazza e Parlamento»,
ha detto Napolitano. Secondo il capo dello
Stato però non può «reggere e dare frutti
neppure una contrapposizione tra Rete e
forme di organizzazione politica quali
storicamente sono da ben più di un secolo e
ovunque i partiti». La Rete - continua
Napolitano - fornisce accessi preziosi alla
politica, inedite possibilità individuali di
espressione e di intervento politico e anche
stimoli all'aggregazione e manifestazione di
consensi e di dissensi. Ma non c'è
partecipazione realmente democratica,
rappresentativa ed efficace alla formazione
delle decisioni pubbliche senza il tramite
di partiti capaci di rinnovarsi o di
movimenti politici organizzati, tutti
comunque da vincolare all'imperativo
costituzionale del metodo democratico».
Il discorso integrale del
Presidente Napolitano
La storica Lancia Flaminia, in uso già negli
anni Sessanta lunedì è restata nel garage
del Colle. Tutta la cerimonia di
insediamento si è svolta all'insegna della
sobrietà, senza particolari effetti speciali
e alla quale sono state sfrondate molte
delle parti del cerimoniale attinenti alla
pura coreografia. Dal Gianicolo 21 colpi di
cannone hanno salutato l'inizio del nuovo
settennato della più alta carica dello
Stato.
È stata la presidente della Camera Laura
Boldrini a invitare Napolitano a giurare, in
base all'articolo 91 della Costituzione,
secondo la formula che il capo dello Stato
ha già pronunciato 7 anni fa: «Giuro di
essere fedele alla Repubblica e di osservare
lealmente la Costituzione».
I parlamentari 5 stelle sono rimasti in
piedi in aula, ma non hanno applaudito il
discorso di insediamento di Napolitano. Una
decisione presa nel corso di un'assemblea
grillina, come ha riferito ai giornalisti
Luigi Di Maio. «Contegno istituzionale -
hanno sottolineato alcuni deputati - ma non
applauso». Viti Crimi ha precisato: «Il
comportamento del M5S in Aula sarà
istituzionale ed ineccepibile».
Napolitano ha vergato una breve lettera, per
risolvere l'unico stallo formale e giuridico
che si è creato: quello delle sue
dimissioni. Lo ha fatto usando le parole di
Carlo Azeglio Ciampi, che nel 2006 abbandonò
anzitempo la carica di Capo dello Stato con
due righe su un foglio: «Rassegno le mie
dimissioni che saranno effettive dal momento
in cui sarà insediato il mio successore». In
questo caso dimissionario e successore sono
evidentemente la stessa persona e si è
trattato di una questione poco più che
formale, ma che andava affrontata. Anche
perché solo in questo modo il nuovo
presidente della Repubblica sarà nel pieno
delle sue funzioni..