17 giugno 2010. - Il tema mi aveva intrigato nel 2004. Ero in viaggio in Arizona. Un “mancamento” mi aveva stesa tra i corridoi dell’outlet lasciandomi in qualcosa di simile ai postumi di una sbronza.

La stessa vertigine di una “sindrome di Stendhal” da shopping al cospetto del meticoloso assortimento che ogni merce e capo declinava in forme, colore, design e materiali, mi aveva colto pure da Barnes & Noble. Qui non erano le cento silhouette dei jeans, i mille accessori da computer e da hi fi o l’incredibile quantità di fogge di pentole che mi avevano aggredito all’outlet, ma le grandiose e sensibili mutazioni che ogni reparto di libri offriva sugli stessi argomenti.

L’America era davvero il “paradiso della scelta”. Una sterminata possibilità che finiva per tramortirmi.

Nella mega-libreria uno scaffale mi offriva una copertina in cui ordinate file di marmellate e condimenti (non so dire con quante variabili di gusti e aromi) incorniciavano un titolo The Paradox of Choice. Il paradosso della scelta. Il libro che mi ci voleva. Per non lasciarmi sopraffare, comperai sia l’audiolibro sia il volume cartaceo. La parole di Barry Schwartz, docente di teorie sociali noto negli Usa, furono la colonna sonora del mio viaggio. Il cartaceo mai sfogliato sul sedile e l’audio-libro che si alternava alle note dei Calexico: tre cd di fusion tra jazz, rock, e tex-mex. Tutta la produzione della band al momento.

Capirete quindi perché —al Festival dell’economia di Trento— appena ho letto che Renata Salecl, psicanalista e criminologa slovena con cattedre a Londra e a New York, avrebbe parlato della Tirannia della scelta mi ci sono fiondata mezzo’ora in anticipo. E in prima fila.

Vorrei porre qui la “questione della scelta”. Per dirla come recitava il titolo dell’incontro: Più scelta equivale a più libertà? E per dirla in modo pratico: Quando ci troviamo davanti a cento sfumature di un prodotto, come scegliamo la migliore? E come ci comportiamo con l’ampia gamma di comportamenti, azioni, idee?

Sulle logiche bizzarre che ci guidano nelle scelte mi aveva dato qualche spunto, lo scorso giugno, lo speech alla Ted Conference di Sheena Iyengar, psicologa e ricercatrice. Iyengar è cieca e tra analisi, esperimenti e ricerche racconta la situazione in cui lei, non vedente, deve scegliere lo smalto da unghie tra due sfumature di rosa. Esilarante e fulminante.
 

 

Ora, non perdiamoci nel processo al consumismo. Ne conosciamo meccanismi e critiche. Vi chiederei di soffermarvi sui materiali che in genere colleghiamo ai post, giusto perché la lettura non sia un’ennesima azione di consumo. Mi pare che scelte, paradossi e tirannie siano paradigmi con cui abbiamo a che fare ogni giorno. Vale la pena di approfondire. A spunto vi propongo le tesi di Schwartz e della Salecl.

Schwartz (lo potete ascoltare nel video) e la Salecl mettono in discussione un’idea che sembrerebbe una conquista: più possibilità di scelte si hanno, più si è liberi. E più si è liberi, più si è felici.

 

 

Il paradosso di Schwartz è questo: avere tantissima scelta vuol dire non averne nessuna. La tirannia della Salecl è pure peggio. L’abbondanza di scelte ci rende angosciati, inadeguati e colpevoli, ciechi e ignari.

Il punto è, secondo Schwartz, che se disporre di una vasta gamma di possibilità è meglio di non averne, superato un certo limite l’abbondanza e soprattutto l’abbondanza di scelta può avere l’effetto opposto. Raccontando paradossali situazioni in un camerino dove prova un numero imprecisato di calzoni, al supermercato tra 230 zuppe, 75 te freddi e 6 milioni di diverse combinazioni di supporti audio, Schwartz sostiene che troppa scelta genera enormi aspettative. I calzoni che, dopo un’ora di prova, ha acquistato non sono perfetti. O perlomeno, non sa se sono meglio di altri. Di certo non sono così perfetti rispetto a come aveva immaginato i “suoi” calzoni provando, provando e provando. Forse aveva sbagliato scelta?

Dopo qualunque faticoso processo, la scelta sarà insoddisfacente rispetto alle aspettative, sostiene. “La libertà di consumo di cui gode la civiltà occidentale”, dice “ci ha resi più insoddisfatti, perché a ogni scelta corrisponde il rammarico per le opzioni scartate”. Morale: “Ogni mattina dobbiamo decidere chi siamo. Non ereditiamo più una identità. Non sosteniamo i figli nel formarsela”.

Schwartz, nel video, mostra una vignetta in cui i genitori dicono: “Non sforziamoli, sceglieranno il loro sesso al momento giusto”. Non scandalizzatevi, Scwhartz è paradossale . E dal paradosso arriva alla sua tesi finale: “L’abbondanza di scelte non offre più valore ma crea insoddisfazione e paralisi anziché libertà”.

Per Renata Salecl siamo ossessionati dalla libertà di scegliere. Si chiede: “Ma chi diventiamo quando tutto è facoltativo?”

Pure la psicanalista slovena si focalizza sull’identità che si liquefa nell’illusione di un eterno presente in cui il futuro attende solo di essere creato. Sotto il nostro controllo, grazie alle nostre scelte. Ma avete presente come ci si sente davanti ai piani tariffari degli abbonamenti telefonici o di internet?

Carriere, relazioni, ammennicoli di consumo, decisioni di fare figli o meno, desideri di raggiungere vette immaginarie di godimento, di piacere, di amore sono diventati un gigantesco “piano tariffario”. Frustrante.

 

(luisa pronzato / corriere.it / puntodincontro)

***

17 junio 2011. - El tema me intriga desde 2004. Estaba de viaje en Arizona. Un desmayo me había dejado tirada en los pasillos de un outlet de ropa, dejándome una sensación similar a una resaca.

Experimenté el mismo vértigo —estilo "síndrome de Stendhal" y provocado por la enorme variedad que cada tipo de prenda presentaba en formas, colores, diseño y materiales— también en una tienda de Barnes & Noble. En este caso no había miles de pantalones de mezclilla, accesorios para computadoras y hi fi o la increíble cantidad de estilos de ollas y cazuelas que me habían agredido en el outlet, sino las enormes mutaciones que cada sección de libros ofrecía sobre los mismos temas.

Los Estados Unidos habían demostrado ser realmente "el paraíso de la elección". Una variedad tan grande que me había aturdido.

En una mega-librería un estante me ofrecía una portada en la que ordenadas filas de mermeladas y condimentos (no podría decir con cuántas variedades de sabores y aromas) rodeaban un título "La paradoja de la elección". Justo el libro que necesitaba. Para no equivocarme, compré la versión impresa y el audio. Las palabras de Barry Schwartz, profesor de teoría social conocido en los Estados Unidos, resultaron ser la banda sonora de mi viaje. La versión empastada (nunca leída) siempre sobre el asiento y el audio-libro que se alternaba con las notas de Calexico: tres discos de fusión entre jazz, rock y tex-mex. Toda la producción de la banda hasta ese momento.

Ahora entenderán por qué —en el Festival de economía de Trento— en cuanto supe que Renata Salecl, psicoanalista y criminóloga eslovena y docente en Londres y Nueva York, hablaría de la tiranía de la elección me precipité al auditorio con media hora de anticipación. En primera fila, por supuesto.

Me gustaría exponer aquí la "cuestión de elección." Para decirlo como el título de la reunión: ¿Mayor posibilidad de elección es igual a más libertad? Y para decirlo de una manera práctica: cuando nos enfrentamos a un centenar de diferentes versiones de un producto, ¿Cómo debemos elegir la mejor? Y ... ¿Cómo debemos enfrentarnos a la amplia gama existente de comportamientos, acciones e ideas?

Obtuve ideas acerca de la extraña lógica que nos guía en el proceso de toma de decisiones hace un año, durante el discurso —en la Conferencia TED— de Sheena Iyengar, psicóloga e investigadora. Iyengar es ciega, y entre análisis, experimentación e investigaciones nos relata una situación en la que ella, invidente, tiene que elegir entre dos tonos de rosa de esmalte para las uñas. Una ponencia divertida y fulminante.

 

 

No nos vayamos a perder en un juicio al consumismo. Conocemos sus mecanismos y lo que se le critica. Les pediría, más bien, que se fijen en los materiales que normalmente utilizamos como link para las inserciones en las redes sociales, precisamente para que esta lectura no se convierta en otro acto de consumo. Creo que las elecciones, las paradojas y las tiranía son paradigmas con los que tenemos que enfrentarnos todos los días. Vale la pena investigar. Como punto de partida les propongo las tesis de Schwartz y de Salecl.

Schwartz (lo pueden escuchar en el vídeo) y Salecl ponen en duda una idea que parecía ser una conquista: mientras más opciones existen, más se es libre. Y mientras más libres, las personas son más felices.

 

 

La paradoja de Schwartz es la siguiente: tener un montón de opciones significa no tener ninguna. La tiranía de Salecl es aún peor: la abundancia de opciones nos angustia, nos vuelve inadaptados, ciegos y superficiales, además de hacernos sentir culpables

El punto es, de acuerdo con Schwartz, que si es cierto que tener una amplia gama de posibilidades es mejor que no tenerlas, más allá de un cierto límite la abundancia y, en especial, la abundancia de opciones pueden tener el efecto contrario. Al relatar situaciones paradójicas que tuvieron lugar en un vestidor donde se prueba un número indeterminado de los pantalones, en un supermercado con 230 sopas, 75 tipos de té helado y 6 millones de combinaciones diferentes de audio, Schwartz argumenta que demasiadas posibilidades de elección crean enormes expectativas. Los pantalones que adquirió después de una hora de pruebas resultaron no ser perfectos. O, por lo menos, no sabe si son mejores que los otros. Lo que es seguro es que no son tan perfectos como él había imaginado que "sus" pantalones iban a ser durante el periodo de pruebas. ¿Había hecho, tal vez, una mala elección?

Schwartz afirma que después de cualquier arduo proceso, la elección será insatisfactoria en comparación con las expectativas. «La libertad de consumo de la cual goza la civilización occidental» —dice— «nos ha hecho más infelices, porque a cada elección corresponde el pesar por las opciones descartadas». Moraleja: «Todas las mañanas tenemos que decidir lo que somos. Ya no heredamos una identidad. No apoyamos a nuestros hijos en el proceso de formación de características distintivas».

Schwartz, en el video, muestra una caricatura en la que los padres dicen: «No los presionemos, elegirán su sexo en el momento adecuado». No se escandalicen: Schwartz utiliza paradojas. Y de la paradoja llega a su tesis final: «La abundancia de opciones no ofrece valor adicional, sino que crea insatisfacción y parálisis».

Para Renata Salecl estamos obsesionados con la libertad de elección. Se pregunta: «Pero ... ¿En quiénes nos convertimos cuando todo es opcional?»

También la psicoanalista eslovena se centra en la identidad que se licua en la ilusión de un eterno presente en el que el futuro está a la espera de ser creado. Bajo nuestro control, gracias a nuestras opciones. Pero ¿Se acuerdan cómo se sintieron viendo los planes tarifarios de su compañía celular o de su proveedor de acceso a Internet?

Las carreras, las relaciones, la decisión de tener hijos o no, los deseos de llegar a metas imaginarias de goce, de placer, de amor se han convertido en un gigantesco "plan tarifario". Frustrante.

 

(luisa pronzato / corriere.it / puntodincontro)