14 marzo 2011. - Ci sono periodi in cui sembrano arrivare solo sciagure e pericoli. Come oggi, in cui è in atto una grave recessione, il Mediterraneo è in fiamme e c’è perfino una catastrofe in Giappone. Soprattutto sul piano economico la gente comune, io, voi, milioni di altre persone non possiamo fare nulla, solo aspettare che agiscano in modo saggio i potenti e lamentarci se ci deludono?

Non credo. Guardiamo a ciò che è successo nel passato. Il miracolo economico italiano degli anni Cinquanta e Sessanta è avvenuto perché gli operai, gli impiegati, i commercianti, i contadini si sono trasformati in imprenditori, hanno inventato prodotti utili per tutti e li hanno venduti in Italia e all’estero. Pensiamo alla Vespa, alla Lambretta, alla Topolino, agli elettrodomestici, all’oreficeria, ai mobili, alle piastrelle.
 

Domenico Modugno sulla Vespa, il Monoscopio RAI e la Lambretta,
alcuni simboli del miracolo economico italiano degli anni '50.


Un altro esempio: nella metà degli anni Settanta, durante il blocco petrolifero e il terrorismo, poche persone, anziché lamentarsi, si sono inventate «Mulino bianco». E, alla fine di questo decennio, i nostri tessutai, i nostri stilisti hanno creato abiti stupendi e hanno conquistato il mercato mondiale della moda. Lo Stato non ha fatto niente, i politici non si erano nemmeno accorti di quanto stava succedendo.

Io penso che il pericolo maggiore oggi sia la caduta dello slancio vitale, della volontà di fare e dell’impegno della classe dirigente. Molti imprenditori si sono dedicati alla finanza, molti gruppi industriali non hanno più il coraggio di innovare, di cercare strade nuove, anzi ne hanno paura, fanno solo quello che i loro pavidi uomini di marketing gli dicono che è «sicuro».

Ma il grande imprenditore — e io ne ho conosciuti tanti — non fa quello che è «sicuro», inventa ciò che piacerà, plasma il gusto del consumatore. A volte ho l’impressione che alcuni gruppi industriali abbiano una dirigenza fatta più di finanzieri e di contabili che di imprenditori. E non scelgono come collaboratori le personalità più creative, più audaci, più capaci di inventare ma quelle più conformiste.

È però sbagliato rimproverare solo costoro o i politici inetti e litigiosi perché ciascuno di noi, individualmente preso, può contribuire allo sviluppo buttando via la pigrizia, scrollandosi di dosso le abitudini, accettando il rischio, cercando strade diverse, viaggiando nel mondo globalizzato per scoprire nuove occasioni. È nei momenti di crisi che si deve seminare, e sono sicuro che molti lo stanno già facendo e raccoglieranno i frutti nei prossimi anni.

***

14 marzo 2011. - Hay ocasiones en las que parecen llegar sólo desgracias y peligros. Como hoy, con una severa recesión en marcha, el Mediterráneo en llamas y un enorme desastre en Japón. Sobre todo en términos económicos, ¿de veras la gente común, —tú, yo, millones de personas— no podemos hacer nada y sólo nos queda esperar a que los poderosos actúen con prudencia y quejarnos si nos decepcionan? No lo creo. Fijémonos en lo que sucedió en el pasado. El milagro económico italiano de los años cincuenta y sesenta se dio porque los trabajadores, empleados, comerciantes y agricultores se convirtieron en empresarios, inventando productos útiles para todos y vendiéndolos en Italia y en el extranjero. Piensen en la Vespa, la Lambretta, el Fiat Topolino, los electrodomésticos, las joyas, los muebles, los azulejos. Otro ejemplo: a mediados de los setenta, durante la crisis petrolera y el terrorismo, unas cuantas personas, en vez de quejarse, inventaron el «Mulino bianco».

Y al final de esa década, nuestros tejedores y diseñadores crearon prendas maravillosas y conquistaron el mercado mundial de la moda. El Estado no hizo nada, los políticos ni siquiera se habían dado cuenta de lo que estaba sucediendo.

Creo que hoy el mayor peligro es la pérdida de la energía vital, de la determinación y del compromiso de la clase dirigente. Muchos empresarios se dedican a las finanzas, muchos grupos de industriales ya no tienen el valor de innovar, de buscar nuevos caminos. Y tienen miedo. Sólo hacen lo que sus temerosos directores de marketing les dicen que es "seguro".

Sin embargo, los grandes empresarios —y he conocido a muchos— no hacen lo que es "seguro", sino que inventan lo que gustará, moldeando el gusto del consumidor. A veces tengo la impresión de que algunos grupos de industriales tengan un consejo directivo integrado más por financieros y contadores que por empresarios. Y no eligen como colaboradores a las personalidades más creativas, más atrevidas, más capaces de inventar, sino a los más conformistas.

Pero es un error culparlos sólo a ellos —o a los políticos ineptos y polémicos— porque cada uno de nosotros, considerados individualmente, puede contribuir al desarrollo desechando la pereza, sacudiéndose los hábitos, aceptando el riesgo, buscando caminos diferentes, viajando en el mundo globalizado para descubrir nuevas posibilidades. Es en tiempos de crisis cuando hay que sembrar, y estoy seguro que muchos ya lo están haciendo y cosecharán los frutos en los próximos años.

 

(francesco alberoni / corriere.it / puntodincontro)